A marzo, dopo le elezioni politiche, Matteo Salvini si è dimesso dalla carica di parlamentare europeo. Per il voto del 23-26 maggio al nuovo Parlamento di Strasburgo il segretario della Lega ha annunciato che sarà candidato per il suo partito. Un clamoroso ripensamento? No, si è solo aperta la caccia alle allodole, cioè la campagna elettorale.
Funziona così. Il leader partecipa direttamente alla competizione per raccogliere il maggior numero di consensi che poi riverserà agli altri candidati della sua lista: sa già infatti che in caso di elezione non assumerà mai quell’incarico. Meglio: non potrà assumerlo per una questione di incompatiblità dal momento che non si può ricoprire contemporaneamente la carica di ministro di un governo nazionale e quella di parlamentare europeo. Dal 2004 il divieto è esteso anche ai membri del Parlamento italiano. Incompatibilità non vuol dire però ineleggibilità: così, alla fine della competizione, quando dopo trenta giorni si è chiamati a scegliere, si opterà per l’incarico nazionale. Un congegno ben rodato che il vicepremier e ministro dell’Interno userà la prossima primavera per spingere la Lega nel duello con gli alleati di maggioranza del Movimento 5 Stelle.
«Io - ha annunciato Salvini - alle europee mi candido, come ho sempre fatto. Vedremo se come capolista o no». Il vicepremier è già stato a Strasburgo una prima volta nel 2004: si dimise però dopo due anni per rimanere consigliere comunale a Milano. Nel 2009 venne rieletto e decise di rimanere a Strasburgo lasciando la carica al Parlamento italiano. Poi la terza elezione nel 2014: chiusa in anticipo sulla scadenza naturale della legislatura per potere assumere l’incarico di ministro degli Interni e vicepremier del governo Lega e Cinque Stelle.
Il campione della candidatura di bandiera con successiva rinuncia resta Silvio Berlusconi. Il fondatore di Forza Italia è stato candidato in quattro occasioni all’Europarlamento (1994, 1999, 2004 e 2009) risultando sempre eletto in tutte le circoscrizioni (l’ultima volta sfiorò i tre milioni di preferenze). Nella sua vita politica, però, il Cavaliere è stato deputato europeo per appena due anni. Nelle altre occasioni, quando si è presentato, era il presidente del Consiglio in carica.
Lo “specchietto” per attirare consensi non è una tecnica nuova. Alle elezioni europee del 1989 il nome dell’allora ministro degli Esteri italiano compariva in cima alla lista dei candidati della Dc nella circoscrizione Nord Est. «Ho accettato di partecipare in prima persona alla campagna elettorale della quale va conservato il significato prima di tutto europeo» diceva con tipico understatement democristiano il candidato. Era Giulio Andreotti. Ottenne 500mila voti. Qualche mese dopo tornò per la sesta volta a Palazzo Chigi.
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