«I porti italiani sono chiusi, abbiamo accolto già troppi finti profughi, abbiamo arricchito già troppi scafisti! I sindaci di sinistra pensino ai loro cittadini in difficoltà, non ai clandestini». È quanto afferma il ministro dell'Interno Matteo Salvini, in risposta al sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che oggi si è detto pronto ad aprire il porto della città alla Sea Watch 3, la nave di una Ong tedesca che dal 22 dicembre vaga nelle acque del Mediterraneo con a bordo 32 migranti raccolti al largo della Libia in attesa dell’indicazione di un “porto sicuro” da parte di un Paese Ue. Che non arriva.
Ue: Avramopoulos in contatto con Stati membri per soluzione
Come già in passato in situazioni simili, una soluzione al caso Sea Watch (e della Sea Eye, nave gemella che si trova nelle
stesse condizioni di emergenza) dovrebbe arrivare dall’Unione Europea. Il Commissario Ue per le migrazioni Dimitris Avramopoulos,
spiega una portavoce dell'esecutivo europeo, è infatti «in contatto con un certo numero di Stati membri» per permettere
«un rapido sbarco delle persone attualmente presenti a bordo» delle due navi. Avramopoulos, ha precisato la portavoce, «chiede
agli Stati membri di fornire il loro sostegno e contribuire a questo sforzo congiunto per sbarcare quelli a bordo in modo
sicuro e il prima possibile». Nei giorni scorsi la Sea Watch aveva ottenuto il permesso di avvicinarsi a Malta per ripararsi
dal maltempo ma senza permesso di sbarco dopo che i medici a bordo avevano fatto sapere che i migranti imbarcati stavano diventando
sempre più a rischio di malattie.
De Magistris: governanti come trafficanti
A innescare l’ultima polemica tra un primo cittadino e il Viminale - dopo il no opposto dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando alla norma del decreto Sicurezza che nega la possibilità di concedere
la residenza a immigrati col permesso di soggiorno - è stata un’intervista di De Magistris a Radio Crc. «Lasciare persone e bambini in mezzo al mare con il gelo e la tempesta
è qualcosa di indegno, criminale. Sarebbero tanti i modi per apostrofare i governanti del mondo e quelli italiani che per
un po' di propaganda politica passeranno alla storia per quelli che hanno fatto morire persone in mare», ha attaccato De Magistris
paragonando i comportamenti dei governanti «a quelli dei trafficanti di esseri umani». «Mi auguro che da alcune componenti
più sensibili di questo Governo si senta battere un colpo - ha poi concluso - perché non ci sto più nemmeno a dire che è solo
Salvini perché se fosse così significa che è diventato il padrone del Governo. Se siamo arrivati a questo c'è da fare ben
altro che la disobbedienza civile».
Coordinamento di competenze per il “place of safety”
Il caso Sea Watch e Sea Eye riaccende il dibattito sulle competenze nazionali e la possibilità di interdire l'accesso alle
proprie acque territoriali. Per l'Italia, il “place of safety” (l'obbligo dello sbarco in un luogo sicuro) è determinato dall'Autorità
Sar (Search and rescue), ovvero la Centrale operativa della Guardia Costiera del ministero delle Infrastrutture, in coordinamento
con il Viminale. E se esiste l'obbligo internazionale di prestare soccorso ai naufraghi e di assicurare loro un “luogo sicuro”
(dettato dalla Convenzione di Amburgo: è «sicuro» il luogo in cui viene garantita la protezione fisica delle persone soccorse
in mare) ci sono anche norme nazionali, contenute nel Codice della navigazione.
“Luogo sicuro” con accezione ampia se naufrago è anche migrante
Queste consentono al ministero delle Infrastrutture di interdire l'accesso alle acque territoriali o ai porti italiani per
specifiche ragioni tassative. Si tratta di motivi di ordine pubblico, sicurezza della navigazione e (ma non è questo il caso)
di protezione dell'ambiente marino. Nella prima ipotesi il Mit agisce di concerto con il ministero dell'Interno, mentre nella
seconda interviene direttamente su segnalazione della Guardia Costiera, a cui spetta la sorveglianza e il controllo. Quando
i naufraghi sono anche migranti l'accezione di sicurezza del luogo di sbarco diventa più ampia: in questo caso entrano in
gioco anche altri requisiti legati all'esigenza di attuare procedure amministrative connesse allo status di richiedente asilo
delle persone soccorse,
© Riproduzione riservata