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Commissione Ue all’Italia, stop all’esenzione fiscale per i…

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dal prossimo anno

Commissione Ue all’Italia, stop all’esenzione fiscale per i porti

Presa di posizione della Commissione Ue contro le esenzioni fiscali di cui beneficiano i porti italiani (e spagnoli). Per Bruxelles esse vanno considerate alla stregua di aiuti di Stato e dunque le autorità nazionali vengono invitate ad adeguare le legislazioni nazionali in modo che dal primo gennaio del prossimo anno anche loro paghino le imposte sulle società come tutte le altre aziende che realizzano profitti. E da ora i due Paesi hanno due mesi di tempo per replicare.

Margrethe Vestager, commissaria responsabile per la concorrenza, ha spiegato che i porti «sono infrastrutture essenziali per la crescita economica e lo sviluppo regionale. Per questo le norme Ue sugli aiuti di Stato prevedono che gli Stati membri dispongano di ampi margini di manovra per l'adozione di misure di sostegno e di investimento a favore dei porti. Ma al tempo stesso «per garantire condizioni eque di concorrenza in tutta l'Ue, i porti che generano profitti esercitando attività economiche vanno tassati allo stesso modo degli altri operatori economici, né più, né meno».

Presto verrà avviato dall’Italia un confronto con la Commissione europea «perché le osservazioni sui presunti aiuti di Stato, così come sono state formulate, di fatto significherebbero una limitazione gravissima nel piano degli investimenti infrastrutturali del nostro Paese». Il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi spiega che «le peculiarità dei nostri porti, che insieme a quelli spagnoli sono fondamentali per lo sviluppo del Mediterraneo, vanno preservate e in quest'ottica siamo disponibili a una eventuale revisione del ruolo delle Autorità di sistema portuale e quindi della legge Delrio, che oggi penalizza e ingessa i nostri scali rispetto ai competitors del Nord Europa».

Le decisioni odierne fanno seguito a recenti decisioni in cui la Commissione ha chiesto a Paesi Bassi, Belgio e Francia di abolire le esenzioni dall'imposta sulle società di cui beneficiavano i rispettivi porti. «La concorrenza transfrontaliera - osserva Bruxelles - svolge un ruolo importante nel settore portuale e la Commissione si è impegnata a garantire condizioni concorrenziali eque in questo fondamentale settore economico. I porti svolgono sia attività non economiche che attività economiche».

Il primo caso (sicurezza e controllo del traffico marittimo o sorveglianza antinquinamento), secondo l’organismo, «rientra solitamente nell'ambito di competenza delle autorità pubbliche. Tali attività sono escluse dal campo di applicazione delle norme Ue in materia di aiuti di Stato». Lo sfruttamento commerciale delle infrastrutture portuali (come la concessione dell'accesso al porto dietro pagamento) costituisce al contrario un'attività economica. A questo secondo tipo di attività si applicano le norme Ue in materia di aiuti di Stato. «L'esenzione dall'imposta sulle società per i porti che realizzano profitti da attività economiche può rappresentare un vantaggio competitivo sul mercato interno e pertanto comporta un aiuto di Stato che potrebbe essere incompatibile con la normativa dell'Ue».

In Italia, viene ricordato, i porti sono integralmente esentati dall'imposta sul reddito delle società. In Spagna i porti sono esentati dall'imposta sul reddito delle società per quanto riguarda i loro principali cespiti, ad esempio le tasse portuali o i redditi derivati da contratti di locazione o concessione. Nei Paesi Baschi, i porti sono totalmente esentati dal pagamento dell'imposta sulle società. Nell'aprile 2018, la Commissione ha informato l'Italia e la Spagna in merito alle proprie preoccupazioni relative ai regimi di tassazione dei porti in vigore nei due Paesi. «La Commissione ritiene, in via preliminare, che tanto in Italia che in Spagna i regimi fiscali vigenti concedano ai porti un vantaggio selettivo che potrebbe violare le norme Ue in materia di aiuti di Stato».

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