Zero virgola tre per cento quest’anno. E zero virgola sette per cento il prossimo. In queste cifre, che rappresentano la stima della crescita italiana calcolata da Oxford Economics, c’è la sintesi più evidente della trappola che mette a rischio le prospettive reali di reddito di cittadinanza, riforma delle pensioni e rilancio degli investimenti. Cioè dei tre pilastri della manovra.
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Nel calendario della legge di bilancio, il 2019 è solo un prologo, reso tale dall’accordo con Bruxelles sul deficit al 2 per
cento. Lo sviluppo pieno di queste misure, e della loro spesa , arriva dal 2020.
Quando però sarebbe finanziato da maxi-aumenti dell'Iva da 51,8 miliardi e da una crescita stabile all'1 per cento. Ma anche
per l'effetto recessivo dell'Iva, il palcoscenico dell'economia rischia di essere troppo piccolo per ospitare sia l'Iva sia
l'aumento del Pil.
I numeri
Le stime che piovono in questi giorni sul Pil italiano sono tutte più modeste di quell’1% scritto dopo mille incertezze dal
governo nell’ultimo programma di bilancio. Proprio Oxford Economics, uno dei più ascoltati centri studi internazionali in
fatto di previsioni economiche e analisi quantitative, mette nero su bianco uno scenario su cui stanno già crescendo i timori
nelle stanze del ministero dell’Economia: una crescita quasi piatta l’anno prossimo, lo 0,3% appunto, che sarebbe figlia di
una frenata di fine anno (con un +0,9% nel 2018 invece dell’1% calcolato dal governo) e darebbe l’avvio a un lungo periodo
di zerovirgola causati anche dall’effetto recessivo (cinque decimali di Pil all’anno) prodotto dalle maxi-clausole di salvaguardia
Iva messe in legge di bilancio per il 2020 e 2021. Con il risultato che il deficit 2019 tornerebbe d’incanto al 2,4% che ha
animato due mesi di battaglie con Bruxelles, e il debito ricomincerebbe a salire.
Primo esame il 31 gennaio
Nelle stesse ore Standard & Poor’s ha diffuso una previsione di crescita per quest’anno un po’ meno catatonica, 0,7 per cento.
Ma al di là dei balletti sui decimali un dato è certo. Il 31 gennaio l’Istat diffonderà la stima preliminare del Pil per l’ultimo
trimestre 2018, e si comincerà a passare dalle previsioni ai fatti. E il primo fatto, come molti temono, potrebbe essere rappresentato
dalla certificazione della recessione tecnica, se la dinamica del Pil di ottobre-dicembre sarà negativa come quella di luglio-settembre.
La frenata globale
I venti gelati soffiano da varie direzioni. In Cina il più grande mercato automobilistico al mondo ha segnato l’anno scorso il primo calo (-2,8%) dal 1990, seguendo lo stesso percorso appena registrato in Europa a partire
dalla Germania. E guardando al futuro il super-indice Ocse, quello che prova a disegnare gli orizzonti a 6-9 mesi, nei numeri
appena diffusi indica un nuovo arretramento concentrato soprattutto nell’area euro.
Effetto domino sull’Italia
Tutte le analisi, da quelle anticipatrici sul sentiment degli operatori fino ai calcoli macro-economici, fanno ballare pericolosamente
quell’1% di crescita stimato dal governo su cui già il mese scorso l’Ufficio parlamentare di bilancio aveva sottolineato i
«non trascurabili rischi di revisione al ribasso». Ma se Roma ha potuto abbandonare senza troppi problemi l’ambiziosissima
crescita dell’1,5% prevista dal programma di bilancio di ottobre, la discesa sotto l’1% produce effetti a catena. Quali? Con
la crescita allo 0,3% calcolata da Oxford Economics, il deficit torna al 2,4%, fuori dalle regole europee anche nella versione
massaggiata dalla politica. Ma soprattutto il debito torna a crescere fino al 132,2% del Pil, per tornare ai livelli del 2017
solo fra tre anni, nel 2021. E a patto di far partire davvero gli aumenti Iva da 51,8 miliardi in due anni scritte nell’ultima
manovra per finanziare reddito di cittadinanza, pensioni e investimenti senza far saltare i conti.
Il conflitto fra Iva e crescita
Nel programma di bilancio concordato con Bruxelles, proprio dall’incrocio fra aumenti Iva e crescita arrivano gli spazi per
alimentare l’anno prossimo sia la spesa per quota 100 (passerebbe da 4 a 8,2 miliardi) sia quella per il reddito di cittadinanza
(da 4,7 a 5,6 miliardi aggiuntivi). Ma una botta di Iva come quella decisa in manovra, ricordano tutte le analisi, ha un effetto
recessivo che Oxford Economics stima in mezzo punto di Pil. E che i calcoli governativi sembrano minimizzare stimando un effetto
espansivo della manovra anche sul 2020 e 2021 (+0,3% di Pil all’anno).
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