Arriva soltanto oggi pomeriggio la cauta posizione del Governo italiano sul Venezuela, dopo l’autoproclamazione a presidente di Guaidò e dopo due giorni di scontri costati la vita a 16 persone. Con un tweet Giuseppe Conte prova a indicare la rotta, decisamente più prudente di quella tracciata da Trump, che ha subito riconosciuto il nuovo presidente. «Seguo gli sviluppi in Venezuela ed esprimo forte preoccupazione per i rischi di un’escalation di violenza», scrive il premier. «Siamo vicini al popolo venezuelano e al fianco della collettività italiana nel Paese. Auspico un percorso democratico che rispetti libertà di espressione e volontà popolare».
Sui social si scatena l’ironia. «Come mai non si sbilancia? Nel gruppo su whatsapp Giggino e Selfini stanno ancora litigando su chi supportare?», commenta un utente. Un altro sollecita: «Devi essere più esplicito: da un lato c’è una coalizione democratica, maggioritaria in Parlamento dal 2015, dall’altro un ditattore senza scrupoli. Bisogna che il Governo decida da che parte stare». Un altro ancora domanda: «Diversi esponenti del M5S si ispirano a Maduro, cosa ne pensi?».
Nel Movimento l’imbarazzo è grande. Nel marzo 2017 una delegazione capitanata da Manlio Di Stefano, attuale sottosegretario agli Esteri, si recò in visita proprio in Venezuela. Ai malesseri riferiti dagli italo-venezuelani, critici contro la decisione del M5S di votare contro una mozione presentata da Pier Ferdinando Casini contro il regime di Maduro e i chavisti, Ornella Bertorotta, allora capogruppo Cinque Stelle in commissione Esteri al Senato, rispose citando le «cose buone in Venezuela, come il programma di musica nelle scuole» e invitando a pensare al nostro Paese: «Anche in Italia si sta male, ci sono tanti giovani senza lavoro a causa delle scriteriate politiche del governo Renzi». Oggi Di Stefano coglie l’occasione per attaccare Macron, che ha elogiato «il coraggio di centinaia di migliaia di venezuelani in marcia per la libertà». «Ignora il sacro principio di non ingerenza e prende posizione discordante dall’Ue che chiedeva un percorso politico», afferma il sottosegretario pentastellato.
La cautela di Conte discende anche da qui. E cozza non solo contro la richiesta delle opposizioni, che invocano un posizionamento chiaro, ma contro la nettezza del vicepremier leghista Matteo Salvini. Che su twitter, nel tardo pomeriggio, scrive: «Sto con il popolo venezuelano e contro i regimi come quello di Maduro, fondato su violenza, paura e fame. Quanto prima cade, senza ulteriori scontri, meglio è». In commissione Esteri alla Camera la maggioranza ha però respinto la risoluzione di Fratelli D’Italia che chiedeva di non riconoscere «le elezioni farsa di Maduro». «La Lega in Europa chiede di spazzare via il feroce dittatore, in Italia subisce il diktat dei Cinque Stelle», sostiene Giovanni Donzelli (Fdi). «Su una cosa bisogna essere chiari: Maduro ha la responsabilità di aver stremato il Paese e averlo condotto sull’orlo della guerra civile: il Governo italiano esca dall’ambiguità», affonda il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, candidato alla segreteria Pd, in sintonia con l’altro candidato Maurizio Martina. Forza Italia si schiera apertamente con Guaidò. «È l’unico interlocutore democratico», afferma il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani. A sostegno di Maduro, finora, un esiguo drappello di Governi tra cui la Turchia di Erdogan, la Cina di Xi e la Russia di Putin. Amica tanto della Lega quanto dei Cinque Stelle.
Le opposizioni non ottengono neppure un’informativa urgente in Aula al Senato del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Si terrà soltanto la prossima settimana dopo l’approvazione del decreto semplificazioni, come da proposta del capogruppo leghista Massimiliano Romeo, approvata con 135 voti favorevoli, 96 contrari e un astenuto.
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