La recessione tecnica certificata dall’Istat con il dato preliminare del quarto trimestre del 2018 (-0,2%), che segue al risultato negativo del terzo trimestre (-0,1%), apre scenari non proprio rassicuranti per i conti pubblici. Se non vi sarà una robusta inversione di marcia a partire dalla seconda metà dell'anno (il trascinamento negativo degli ultimi due trimestri dello scorso anno avrà effetti per almeno il primo semestre) l’obiettivo fissato dal Governo di una crescita all’1% si allontanerà e anche di molto. Ed è proprio il target dell’1% (già rivisto al ribasso rispetto all’1,5% stimato lo scorso settembre) a sostenere l'’impianto della manovra.
A cascata, la frenata della crescita incide sull’intero quadro delle variabili macroeconomiche e di finanza pubblica. È vero - come sostiene il ministro dell’Economia Giovanni Tria - che ai fini delle regole europee l’indicatore di riferimento è il deficit strutturale, che non tiene conto delle variazioni del ciclo economico e delle misure una tantum. E il deficit strutturale si misura sul Pil potenziale. Ciò non toglie che l’impatto negativo della frenata del Pil sui conti pubblici determinerà in automatico l’incremento del deficit nominale e del debito.
L'entità dello scostamento al momento non è prevedibile, e può variare da uno 0,2 allo 0,5% a seconda del risultato finale del Pil nel 2019. Dunque, il deficit di quest’anno è destinato a crescere in una forchetta che va dal 2,2 al 2,5% (rispetto al 2% fissato dalla legge di Bilancio). Una correzione dei conti in estate non si può escludere a priori. In realtà una “manovra bis” da 2 miliardi è già contenuta nell’accordo raggiunto a fatica con Bruxelles pochi giorni prima dello scorso Natale. Si tratta del congelamento per sei mesi dei fondi a carico delle amministrazioni centrali che, in presenza del peggioramento del ciclo economico e delle variabili di finanza pubblica finirebbe per estendersi all’intero 2019.
È una sorta di clausola di salvaguardia posta a presidio dei conti pubblici laddove a metà anno lo scostamento del deficit rispetto ai valori programmati fosse evidente e certificato, che fa il paio con la clausola “salva spesa” imposta dalla Ragioneria al decreto che ha dato il via al reddito di cittadinanza e quota 100. L’entità effettiva dell’eventuale manovra bis sarà calibrata in realtà non tanto per far fronte agli effetti della contrazione del Pil sui conti pubblici (per questo il Governo potrebbe ricorrere ai cosiddetti fattori eccezionali ammessi dalle regole europee) quanto sulla tenuta dei saldi della manovra.
A fine giugno con l’assestamento di bilancio il governo dovrà verificare l’effettivo “tiraggio” delle due misure di spesa più rilevanti della manovra: quota 100 (con annesse le altre novità sulla previdenza) e reddito di cittadinanza che ammontano rispettivamente a 4,5 e 4,9 miliardi. Poi già con il Documento di economia e finanza di metà aprile, il Governo dovrà indicare come far fronte ai 23 miliardi di clausole Iva pronte a scattare dal prossimo anno.
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