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La messa di Francesco (tradotta in arabo) per i migranti del Golfo…

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IL VIAGGIO NEGLI EMIRATI

La messa di Francesco (tradotta in arabo) per i migranti del Golfo Persico

Il Papa ha sottoscritto il  Documento di fratellanza con Ahmed al-Tayeb, l’Imam di Al Azhar, massima autorità musulmana sunnita (foto Ansa)
Il Papa ha sottoscritto il Documento di fratellanza con Ahmed al-Tayeb, l’Imam di Al Azhar, massima autorità musulmana sunnita (foto Ansa)

Si prega ufficialmente in arabo nel grande stadio dello Zayed Sports City di Abu Dhabi, il maggior complesso sportivo degli Emirati. Anche se tra i 135mila fedeli accorsi alla messa di Francesco (45mila dentro la stadio, il resto in strutture attigue), pochi sono originari di paesi arabi, a parte i circa 4mila ospiti musulmani: vengono perlopiù dall’India, e in particolare dalla regione del Kerala, e dalle Filippine soprattutto, e poi dallo Sri Lanka, dai territori palestinesi, dall’Egitto.

Sono oltre 100 i paesi di provenienza e i fedeli sono di tutte le chiese orientali: copti, greco-cattolici, siro-malabaresi, caldei, maroniti, siro-malankaresi. È il popolo cattolico della penisola arabica fatto esclusivamente di migranti economici al servizio del ricco emirato, che tuttavia permette il culto ad altre religioni, cosa non permessa nella rigida Arabia Saudita, dove questa messa sarebbe addirittura impensabile.

«Il cristiano è mite anche verso i suoi accusatori»
E a loro Francesco – che tra poco ripartirà per Roma dopo la visita lampo e la storica firma del Documento di fratellanza con l’Imam di Al Azhar, massima autorità musulmana sunnita – si rivolge con un messaggio di mitezza: «Chiedo per voi la grazia di custodire la pace, l’unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe».

Nella terra delle ricchezze luccicanti in mezzo al deserto e ai grattacieli Francesco cita le Beatitudini, e ricorda che «in esse vediamo un capovolgimento del pensare comune, secondo cui sono beati i ricchi, i potenti, quanti hanno successo e sono acclamati dalle folle. Per Gesù, invece, beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati». Insomma, anche dove i cristiani sono minoranza (talvolta ostacolata) non si devono mai fare crociate o cercare scontri: «Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori. Il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive».

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