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PARIGI: RIChiAMO AMBASCIATORE è UN SEGNALE

Dal Quirinale alle imprese, ecco tutti i «pontieri» al lavoro per risolvere la crisi tra Italia e Francia

I primi tentativi di riappacificazione con la Francia non hanno prodotto finora alcun effetto significativo. Ma proseguono a più livelli e sotto la silenziosa regia del Quirinale. Già ieri, subito dopo la decisione di Parigi di ritirare l'ambasciatore Masset («che non è permanente» - ha fatto sapere il portavoce del governo francese Benjamin Griveaux - «ma un segnale») tra Quirinale e Palazzo Chigi si è messa in atto una strategia per riaprire il dialogo e cercare di recuperare il rapporto con i cugini d'Oltralpe. Il tutto complicato da fattori logistici perché il presidente della Repubblica stava rientrando dal suo viaggio in Angola mentre il premier Giuseppe Conte si trovava in Libano in vista al nostro contingente Unifil.

Consiglieri diplomatici al lavoro
È toccato quindi ai consiglieri diplomatici del Quirinale, Emanuela D’Alessandro e a quello di Palazzo Chigi, Pietro Benassi, sotto il coordinamento del segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni muovere le prime mosse della strategia difensiva. Vecchie amicizie coltivate in tanti anni di lavoro diplomatico in mezzo mondo anche in organismi internazionali, rapporti personali con i grand commis dei piani alti dell'Eliseo e del Qai d'Orsay: tutto è stato rispolverato per ricucire lo strappo e preparare il terreno a un “gesto” che assomigli molto a delle scuse. Le dichiarazioni che arrivavano nel frattempo dai due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio non aiutavano certo a rasserenare il clima. Il primo insisteva sulla questioni dei quindici ex terroristi ancora su territorio francese in base alla “dottrina Mitterand” e sui respingimenti di migranti a Ventimiglia, il secondo riaffermava la sua piena legittimità di incontrare i leader dei gilet gialli come capo del movimento cinque stelle. Lo stesso Conte che ieri sera ha parlato a lungo con Di Maio sembrava pronto a difendere la tesi del di Maio “di lotta” più che quello “di Governo”. Tesi che i francesi rifiutano come si evince chiaramente dal testo del comunicato del Qai d'Orsay anche perché gli stessi gilet gialli hanno strumentalizzato l'incontro parlando di pieno appoggio del governo giallo-verde italiano.

Al ministro Moavero il compito della prima mossa
Ecco perché il presidente Mattarella ha pensato di affidare il compito di riaprire il dialogo con i francesi al ministro degli Esteri, Enzo Moavero attualmente in missione a Montevideo. Toccherà a lui fare il primo passo con il capo della diplomazia francese Le Drian. Ma il lavoro dei “pontieri” si sta sviluppando si più livelli, quello strettamente diplomatico e quello politico-istituzionale. Il tutto, ovviamente, complicato dall'assenza di un interlocutore diretto presente a Roma. Un'occasione potevano essere le consultazioni italo-francesi previste per oggi a livello di segretari generali dei due ministeri degli Esteri, consultazioni che sono state cancellate da parte francese.

Pontieri anche tra i manager francesi dei grandi gruppi
Un'altra filiera di “pontieri” è quella che fa capo ai tanti manager francesi da tempo alla guida di importanti aziende italiane nei più diversi settori. Da Jean-Marc Bernier di Lactalis Parmalat a Jean Pierre Mustier di Unicredit a Philippe Dornet di Generali. Grandi nomi di aziende leader che per il loro stretti rapporti con l'Italia potrebbero facilitare la ripresa dei dialogo tra Roma e Parigi come del resto con un appello hanno già fatto Confindustria e Medef francese. Senza contare che anche importanti manager italiani che lavorano con i francesi potrebbero svolgere un ruolo a cominciare proprio dal presidente di Fincantieri Giampiero Massolo che alle sue tante amicizie nel campo imprenditoriale e diplomatico aggiunge – e non è cosa da poco- rapporti personali con la comunità francese dell'intelligence per avere guidato solo pochi anni fa la struttura (Dis) che coordina i nostri servizi di informazione e sicurezza.

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