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Non fare la Tav costerà fino a quattro miliardi

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analisi costi-benefici

Non fare la Tav costerà fino a quattro miliardi

Rinunciare alla realizzazione della Torino-Lione costerà da un minimo di 2,8 miliardi fino a 4 miliardi se si considerano, oltre alla restituzione dei fondi versati e alle penalità contrattuali, anche le somme necessarie per il ripristino dei luoghi e quelle per il potenziamento della linea storica che andrebbe comunque adeguata per motivi di sicurezza. Sono le quattro voci prese in considerazione dalla «relazione giuridica» allegata all’analisi costi-benefici rimasta finora riservata.

Questo documento, che integra l’analisi costi-benefici economica messa a punto dalla squadra di Marco Ponti, non è infatti fra quelli inviati a Parigi e a Bruxelles dal ministro Toninelli, ma sarà pubblicato la prossima settimana insieme al resto del lavoro. Sarà anche consegnato alla Lega per l’incontro, previsto in questi giorni, fra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Anzi, a ben guardare, il dato del costo della rinuncia all’opera (con i conseguenti impatti sul bilancio dello Stato) è forse il dato-chiave, più rilevante, ai fini della discussione politica, della stessa analisi costi-benefici che resta un esercizio teorico al servizio delle scelte politiche.

Vediamo come si arriva al costo massimo di 4 miliardi. La prima voce è quella della messa in sicurezza e del ripristino dei luoghi interessati dai lavori effettuati: la forchetta presa in considerazione dai tecnici e dai consulenti del ministero delle Infrastrutture va da 200 a 500 milioni. Segue la voce dei fondi già versati che andrebbero restituiti, quantificata in 600 milioni. Il capitolo più discusso è quello delle penalità e più in generale degli effetti creati dalle interruzioni contrattuali: si oscilla fra 500 milioni e un miliardo. Infine una voce che non è un costo in senso stretto, ma che nell’analisi viene comunque conteggiato e pesa per 1,5-1,7 miliardi: si tratta del costo stimato dall’Osservatorio (Quaderno 11) per i lavori che sarebbe comunque necessario fare per mettere in sicurezza l’attuale linea storica e tunnel del Frejus con un secondo tunnel di sicurezza lungo 13,5 chilometri.

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Fin qui la stima del costo contenuto nella relazione giuridica. Fuori di questo documento si possono fare altre due considerazioni . Qualora si dovesse andare a uno scenario hard di rinuncia all’opera in un quadro di conflittualità con Parigi e Bruxelles (azzeramento dei trattati) si dovrebbe infatti mettere in conto la possibile rivalsa francese per i costi totali sostenuti e la possibile decisione Ue di eliminare dalle proprie previsioni il «corridoio Mediterraneo» Lisbona-Kiev, con la cancellazione di tutti i contributi Cef (quelli per i Ten-T) alle opere inserite in questo corridoio (per esempio la Venezia-Trieste-Lubjana e il porto di Trieste).

Una questione che al momento sembra avere più una valenza negoziale al tavolo con Parigi e Bruxelles che fattiva. C’è poi l’analisi costi-benefici economica, con due scenari che prevedono costi maggiori dei benefici per 6-7 miliardi. In un primo scenario “ufficiale” (sulla base dei dati dell’Osservatorio) è previsto un massiccio trasferimento di traffico verso la rotaia, con una minore accisa pagata sulla benzina allo Stato che pesa quasi per 6 miliardi e determina un risultato “paradossale” in termini di effetti della politica dei trasporti. E un secondo scenario “realistico” dove il traffico sarà molto più contenuto e limitato sarà anche il costo per lo Stato delle minori accise (circa un miliardo). Sarà questo secondo scenario, con tutta probabilità, la posizione tecnica su cui si arroccheranno i no-Tav del M5s, mentre la Lega pro-Tav punterà sulla relazione giuridica con i costi della rinuncia.

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