L’oggetto principale del braccio di ferro governo-regioni sull’attuazione del reddito di cittadinanza sono i navigator, i
6mila “coach” che il ministro Luigi Di Maio ha intenzione di selezionare tra marzo e aprile (con colloqui e valutazione titoli),
chiamati ad affiancare i percettori di reddito di cittadinanza nella ricerca attiva di un impiego.
Per le regioni, che nel pomeriggio incontreranno Luigi Di Maio, non sono chiari i loro compiti e, soprattutto, come si relazioneranno
con gli operatori dei centri per l’impiego, che sono gestiti direttamente dalle autonomie. A differenza dei 6mila navigator
invece che dovrebbero essere assunti, con contratto di collaborazione, da Anpal Servizi.
Il tema è delicato visto che le regioni lamentano, a gran voce, l’inerzia dell’esecutivo a sbloccare le assunzioni aggiuntive
promesse negli anni. Parliamo di 1.600 persone in più e 4mila nuovi operatori che non si riescono ad assumere perché il ministero
del Lavoro non ha ancora emanato i provvedimenti attuativi (chiamati a dare il “la” ai concorsi regionali).
Gli altri punti critici
In realtà sono diversi i punti del “decretone” che non convincono le autonomie territoriali, che a titolo V della Costituzione
invariato, mantengono potestà concorrente sulle politiche attive. Per esempio, le piattaforme informatiche, centrali per gestire
il reddito di cittadinanza, non sono ancora state testate.
C’è poi da considerare le platee di soggetti interessati al reddito di cittadinanza: per loro, o meglio per una gran fetta
di loro, sarebbe più opportuno, dicono le regioni, un coinvolgimento, in prima battuta, dei servizi comunali, e, successivamente,
dei centri per l’impiego, visto che solo una quota è subito occupabile. Secondo stime regionali, si tratterebbe di una percentuale
che oscilla tra il 30-35%, a fronte del restante 60-65% che, invece, ha immediatamente bisogno di altre forme di sostegno
(ad esempio, assistenti sociali o psicologi). Da avviare, anche, è il dialogo con le imprese per allacciare un rapporto di
collaborazione tra centri per l’impiego e datori di lavoro, che finora non c’è stato. Anche qui, esecutivo e regioni hanno
ricette diverse. Il governo sembra puntare tutto sugli incentivi (ma sono molto complicati da utilizzare); le regioni, forti
anche dei modelli locali, chiedono invece un dialogo più stretto (e alcune regioni, tra cui la Lombardia, un coinvolgimento
anche delle agenzie private).
Sullo sfondo c’è la questione ricorsi. In caso di “invasioni di campo” alcune regioni potrebbero adire la corte costituzionale.
Del resto, un accordo tra governo e regioni è fondamentale per far partire il reddito di cittadinanza visto che il patto per
il lavoro si firma nei centri per l'impiego.
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