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il voto sul caso diciotti

Piattaforma Rousseau tra attacchi hacker, votazioni non certificate e bilanci: i nodi dal 2016 a oggi

È iniziata con uno slittamento di un’ora, la votazione degli iscritti M5S sull’autorizzazione a procedere chiesta dal tribunale dei ministri per Matteo Salvini nel caso Diciotti.Non solo. Un post sul blog delle Stelle pubblicato nel pomeriggio spiega che «considerata l’alta partecipazione, la chiusura delle votazioni sul caso Diciotti è stata prorogata alle 21.30 (rispetto alle 20 previste, ndr)». Avvisaglie di una replica possibile del caos che caratterizzò nel gennaio 2018 le parlamentarie per la scelta dei candidati alle elezioni politiche nelle liste proporzionali. In quell’occasione, al secondo giorno di votazioni sulla piattaforma Rousseau, non mancarono le difficoltà tecniche e le proteste degli utenti. E si parlò di «sistema di voto in tilt» per il gran numero di blocchi. Anche se i vertici del Movimento provarono a gettare acqua sul fuoco: «Il voto si è svolto con regolarità e in sicurezza». In molti segnalarono nei commenti al post sul blog di Grillo «la clamorosa povertà degli investimenti in sicurezza e capienza del server». E su twitter circolò la richiesta #annullatetutto.
GUARDA IL VIDEO / Attacchi hacker, votazioni non certificate e bilanci: tutti i nodi della piattaforma Rousseau

Le ombre sulla sicurezza della piattaforma
Il problema è doppio. Di sicurezza della piattaforma digitale e di certificazione del voto. Oggi l’hacker R0gue_0, che in passato aveva più volte violato la piattaforma, anche durante le votazioni del Movimento 5 Stelle, si è fatto vivo dopo mesi, prendendo ancora una volta in giro la creatura di Davide Casaleggio, ma negando di aver provocato problemi tecnici di Rousseau.

Gli attacchi degli hacker
R0gue_0 si è reso protagonista in passato di varie incursioni informatiche. E lo scorso 6 settembre pubblicò sul sito 'Privatebin' le email, le password e i numeri di telefono del vicepremier Luigi Di Maio, dei ministri delle Infrastrutture Danilo Toninelli e della Giustizia Alfonso Bonafede. Non è stato il solo a “bucare” il sistema. Uno studente universitario di 26 anni, nell’agosto del 2017, riuscì ad introdursi con un attacco informatico nella piattaforma Rousseau, usando il nickname 'Evariste Galois', matematico francese vissuto tra il 1811 e il 1832. 'Galois' era stato ribattezzato dai media come l’hacker «buono» - scriveva in Rete che agiva per evidenziare le falle della piattaforma - anche per contrapporlo a 'Rogue_0', che ha rivendicato e dimostrato più pesanti attacchi a Rousseau .

La scure del garante della privacy
Le incursioni degli hacker hanno attirato l'attenzione del Garante della privacy, che il 2 gennaio 2018, a ridosso delle parlamentarie per la scelta dei candidati delle elezioni di marzo, aveva evidenziato le falle, le incertezze, i buchi e i troppi episodi di violazione del sistema, che non tutelavano a sufficienza i dati degli iscritti. Nel bocciare il sistema delle votazioni online dei Cinque stelle, il Garante ha suggerito modifiche da apportare e ha comminato una sanzione di 32mila euro perché il M5S non aveva chiarito nell’informativa rivolta a chi votava online che i dati personali sarebbero stati girati a due società, Wind Tre e Itnet, chiamate a dare supporto tecnico. Davide Casaleggio ha sempre assicurato che tutte le prescrizioni del Garante sono state rispettate.

La mancata certificazione del voto
Altro tema: la mancata certificazione del voto. Anche la votazione odierna avviene senza l’annuncio di un ente terzo di controllo che certifichi la correttezza del voto. Il Movimento 5 stelle ha commissionato la certificazione del voto sul web soltanto due volte: in occasione delle Quirinarie 2013 e per la votazione del “Non Statuto” nel 2016. In entrambe i casi furono pubblicati, in grassetto sul blog, il nome e la relazione della società terza di controllo (Dnv) che certificava il voto. In tutti gli altri casi (oltre 70) il voto non è stato certificato, dato che nessuna società terza è stata citata. Quindi, tecnicamente, questi voti potrebbero essere stati suscettibili di manomissione. Anche se lo scorso maggio Casaleggio assicurò: «Stiamo lavorando su un sistema di certificazione distribuito su blockchain».

Le risorse: contributi dei parlamentari e donazioni
Ma come si finanzia la piattaforma digitale Rousseau che nei piani di Casaleggio dovrebbe essere lo strumento della democrazia diretta targata M5S? Con le donazioni dei simpatizzanti e con i versamenti obbligatori dei parlamentari M5S, che devono contribuire con 300 euro al mese «destinati al mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l'attività dei gruppi e dei singoli parlamentari». L'operazione “trasparenza” lanciata dal M5S lo scorso giugno è cominciata con la pubblicazione sul blog delle Stelle del rendiconto 2017 dell'Associazione Rousseau presieduta da Davide Casaleggio e della lista dei donatori (identificati con le sole iniziali) con l'elenco di quanto donato.

Nel 2017 conti in perdita
Che cosa ci dice il rendiconto 2017? Intanto è il bilancio del primo anno completo di Rousseau, che è nata l'8 aprile 2016 all'Istituto Auxologico di Milano, dove Gianroberto Casaleggio era ricoverato e dove sarebbe morto qualche giorno dopo. Presidente, tesoriere e amministratore unico è Davide Casaleggio che rappresenta l'associazione e la controlla. È soltanto lui che può decidere sull'ammissione di nuovi soci. Se il rendiconto 2016 si era chiuso con un avanzo di gestione (e un patrimonio netto) pari a 79.676 euro, il rendiconto 2017 presenta invece un disavanzo di gestione di 135.062 euro e un patrimonio netto negativo di 55.386 euro. Qui c'è il primo aspetto interessante. I ricavi ammontano a 357mila euro (principalmente grazie a una pioggia di microdonazioni: in media 53 euro, sono soltanto 40 quelle superiori ai mille euro), i costi a 493mila euro. «Hanno contribuito significativamente ai costi - spiega l’Associazione - le spese dedicate alla sicurezza investite per la tutela degli iscritti sulla piattaforma e gli accantonamenti precauzionali per le spese legali relative alle cause in corso pari a 89mila euro». Di questi, 31mila euro si riferiscono a pagamenti da effettuare a stretto giro, gli altri per future eventuali cause.

Le spese legali pagate da Rousseau
L'informazione è preziosa: chiarisce che le spese per i contenziosi che riguardano il M5S vengono pagate dall'Associazione Rousseau. E questo perché, come si legge nello statuto, Rousseau si occupa di supportare il M5S e i suoi esponenti «nello svolgimento delle loro attività, ivi compreso le attività amministrative, normative, giuridiche e fiscali». Rousseau e il Movimento sono in ogni caso legati a doppio filo. E, nonostante Casaleggio si ostini a ritagliarsi soltanto un ruolo di «tecnico», appare sempre più come il tesoriere di fatto del Movimento, visto che la sua Associazione si occupa anche delle spese legali del M5S e della movimentazione delle ingenti somme pagate dai parlamentari. Altri dettagli: nel 2017 Rousseau ha impiegato 4 persone part time, 2 full time, uno stagista e un collaboratore coordinato e continuativo. Pochi se si pensa alla mole di dati e attività che ruotano intorno a una piattaforma (che conta più di 140mila iscritti) che ha dovuto fronteggiare diversi attacchi hacker.

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