Come si misurà l’attività politica del Parlamento? Non c’è una risposta univoca, c’è la comunicazione politica, l’impatto mediatico delle scelte, quello fattuale legato all’attuazione delle nuove normative. In termini quantitativi si parte dalle leggi che sono il vero output dell’attività dei parlamentari.
Sempre di più le politiche che influenzano la vita degli italiani oggi hanno di frequente un impulso che arriva dall'esecutivo, con il Parlamento spesso relegato a un ruolo secondario. Il governo Conte in questo non fa eccezione. Lo si vede per esempio da un'analisi realizzata da Open Polis, associazione che fra le altre cose si occupa di monitorare l'attività legislativa del Parlamento.
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Il documento mostra che in nove mesi di attività la XVIIII legislatura ha approvato poco meno di una trentina di leggi in totale. A gennaio 2019 – ultimo mese analizzato dal rapporto – si è raggiunto il massimo con sette leggi, mentre i primi tempi appaiono molto più “lenti”.
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Entrando nel merito di cosa è stato approvato, la marginalità del parlamento diventa evidente. In molti casi la sua attività è consistita quasi solo nella mera ratifica di trattati internazionali, sui quali le due aule hanno un'influenza marginale, oppure conversioni di decreti leggi del governo. Come sottolinea ancora Open Polis, questi due gruppi da soli valgono per poco più del 70% dell'intera produzione legislativa totale.
Per capire meglio se questa legislatura è un caso eccezionale o meno la cosa migliore è fare un confronto con le precedenti, e in dettaglio con i singoli governi che sono stati al volante dal 2008 – con l'ultimo governo Berlusconi – in avanti.
L'unico dettaglio da tenere a mente, confrontando i numeri, è che stiamo paragonando governi dall'inizio alla fine con quello Conte che ha ancora pochi mesi di vita, per cui le proporzioni fra i diversi tipi di attività sono per forza destinate a variare.
Detto questo, un paragone storico con gli esecutivi precedenti mostra da un lato che la ratifica di trattati internazionale è stata, per ora, meno frequente nell'esecutivo attuale che in tutti gli altri casi a parte il governo Letta.
La subalternità del parlamento esce però confermata, e anzi rafforzata, guardando alle leggi ordinarie e alla conversione di decreti: campi dove i due rami del parlamento hanno un ruolo marginale anche in prospettiva storica. Il peso dell'esecutivo, finora, era stato maggiore soltanto nel Governo guidato da Enrico Letta.
Altra similarità fra i due è l'importanza data alle leggi di bilancio, che in entrambi i casi hanno occupato il parlamento per circa il 10% del totale.
Come si legge nel rapporto di OpenPolis il Governo ha un ruolo preponderante rispetto al Parlamento. Notano infatti gli autori del rapporto: «il fatto che questo Governo, come i precedenti d'altronde, stia monopolizzando la produzione legislativa dell'aula lo si evince anche dal numero di decreti legge che vengono deliberati ogni mese in Consiglio dei ministri. In media dall'inizio della XVIII legislatura sono più di 2 al mese, terzo valore più alto dal governo Berlusconi ad oggi».
Nell'ordine, continua l'associazione, «la classifica è guidata dal governo Letta (2,78), con dietro il Governo Monti (2,41), anche se quest'ultimo merita una menzione particolare in quanto governo tecnico intervenuto in un periodo di crisi economico- istituzionale. Quanto fatto registrare fino ad ora dal Governo Conte è comunque un dato sopra la media, e notevolmente superiore a quello degli esecutivi Berlusconi (1,90), Renzi (1,70) e Gentiloni (1,18)».
Anche considerando il ricorso ai voti di fiducia, finora l'esecutivo guidato da Conte si colloca nella parte medio-alta della
classifica. «Allo stesso tempo, continua l'analisi, gennaio si è contraddistinto, e questa volta l'elemento è positivo, per
il fatto che il Governo non ha fatto ricorso alla fiducia per l'approvazione di provvedimenti. Una novità considerando che sia a novembre (2 voti di fiducia), che a dicembre (ben 5 voti), lo strumento era stato ampiamente
utilizzato dal Governo. Questo da un lato ha abbassato il rapporto tra leggi approvate e voti di fiducia (ora al 28,57%),
dall'altro ha confermato quanto già emerso nei mesi precedenti. Nei primi mesi di governo l'esecutivo ha utilizzato poco la
fiducia soprattutto perché non c'erano in discussione provvedimenti politici o dall'alto impatto normativo. Un periodo iniziale
in cui il dibattito parlamentare non era molto acceso».
Eppure «quando i provvedimenti importanti sono arrivati, come a novembre e dicembre con il decreto sicurezza, ddl anticorruzione
e la leggi di bilancio, l'utilizzo dello strumento si è intensificato».
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