La mafia è entrata nelle istituzioni dalla porta principale ed è andata a sedersi nelle poltrone che contano. E avrebbe voluto continuare a farlo. È questa l’accusa alla base dell’operazione dei carabinieri di Trapani che hanno eseguito un’ordine di custodia cautelare firmato dal Gip Piergiorgio Morosini il quale ha accolto le richieste della procura antimafia di Palermo guidata da Francesco Lo Voi: 25 le persone arrestate tra boss e politici.
Arrestato Paolo Ruggirello, politico di lungo corso
E basta scorrere velocemente le oltre 550 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare per rendersi conto che non si tratta
della solita operazione su possibili scambi elettorali tra mafiosi e politici. E non solo perché questa volta è stato arrestato
Paolo Ruggirello, un politico di lungo corso, rampollo di una famiglia imprenditoriale tanto potente quanto discussa, ex deputato
regionale (per tre legislature), pronto a cambiare casacca all’occorrenza fino ad approdare al Pd passando dal movimento Articolo
4 creato dal defunto Lino Leanza: candidato al Senato alle ultime elezioni politiche, Ruggirello non ce l’ha fatta.
L’accusa di associazione mafiosa
Per lui l’accusa è di associazione mafiosa e di essere pronto ad assecondare quelli che sono gli obiettivi dell’organizzazione
mafiosa: acquisire il controllo di attività economiche, soprattutto nel campo dell’edilizia e della gestione dei rifiuti,
e raccogliere consensi elettorali in occasione delle varie consultazioni. Ruggirello, ha detto il procuratore Lo Voi, «ha
rappresentato il ponte tra la mafia e le istituzioni». E un simbolo, negativo ovviamente, di come vanno le cose in quel pezzo
di Sicilia. Una storia, quella che riguarda Ruggirello, che parte dagli anni 2000, quando il futuro deputato regionale era
un militante del movimento Nuova Sicilia di Bartolo Pellegrino, politico a suo tempo accusato di favoreggiamento alla mafia
e poi assolto in via definitiva.
Per gli inquirenti rapporti consolidati con Messina Denaro
E vi sarebbero, secondo gli inquirenti, rapporti consolidati nel tempo con uomini della mafia trapanese legati a doppio filo
con la famiglia Messina Denaro, sia con il capostipite don Ciccio Messina che con Matteo Messina che resta il capo indiscusso
della mafia trapanese anche se non sembra aver avuto un ruolo in questa vicenda. «Non emerge nulla» spiegano i magistrati.
Fino ad arrivare a oggi e ai rapporti dell’ex deputato con i fratelli Pietro e Francesco Virga, figli di Vincenzo storico
boss ora all’ergastolo. Ma ai vertici del clan c’è anche Francesco Orlando, ex consigliere comunale del Psi, «uomo d’onore
riservato» ed ex segretario particolare del deputato regionale Bartolo Pellegrino. «Ruggirello - scrive il gip - strumentalizzando
il proprio ruolo istituzionale, ha di fatto contribuito al raggiungimento di uno degli scopi dell’associazione mafiosa: il
controllo del voto democratico e l’influenza sulla gestione della cosa pubblica».
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Arrestata anche l’ex direttrice del museo della preistoria
E certo non è il solo Ruggirello a cercare i favori elettorali del boss: vi si trova anche il nome di Ivana Inferrera (anche
lei arrestata), 55 anni, una laurea in Conservazione dei beni culturali, ex direttrice del museo della preistoria e nel 2013
nominata assessore alle Strategie di sviluppo a Trapani: candidata con il centrodestra alle ultime elezioni regionali con
la lista Udc per Musumeci presidente avrebbe ricevuto i favori della mafia trapanese. Ma basta scavare un po’ tra le carte
e si ritrovano i nomi di consiglieri comunali, di sindaci e di altri politici citati dai boss. Il mercato del voto è rigido:
Ruggirello, per esempio, a un certo punto viene scaricato perché non ha pagato. Il denaro prima di tutto: 50 euro a voto
oppure venti euro per fare la spesa a cittadini di quartieri periferici. Con un controllo del consenso rigido che arriva fino
al punto di documentare il voto con le fotografie delle schede elettorali. «È una storia che si ripete - spiega il procuratore
aggiunto Paolo Guido -. Abbiamo già visto il sistema in un’altra operazione della scorsa settimana». Il riferimento è al deputato
regionale in carica Stefano Pellegrino, accusato di corruzione elettorale che però continua a respingere le accuse.
Gravi indizi di interferenze nelle competizioni elettorali
Per i magistrati « dagli esiti delle indagini, si ricavano gravi indizi sulle interferenze dell’organizzazione mafiosa nelle
diverse competizioni elettorali; in alcuni casi persino la gestione diretta del rapporto con i candidati, attraverso l’attivazione
della rete di contatti del circuito mafioso e l’acquisto di voti a seguito di accordi illeciti». Con una particolarità: sono
proprio i rappresentanti locali della politica che si offrono ai mafiosi, proponendosi come loro punti di riferimento, arrivando,
in alcuni casi, addirittura ad affidare loro la gestione, seppur parziale, della propria campagna elettorale.
Cellula di Cosa nostra nell’isola di Favignana
C’è la politica e ci sono gli affari. I carabinieri hanno individuato una “cellula” di Cosa nostra nell’isola di Favignana
dove la mafia si infiltra nel settore dei lavori pubblici e nel turismo accaparrandosi il Grand Hotel Florio. Nell’ambito
dell’operazione è stato eseguito un sequestro di beni, società ed esercizi commerciali per un valore complessivo di circa
10 milioni di euro.
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