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Condomìni, come funzionerà lo scambio di energia elettrica tra…

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INDAGINE DELLA COMMISSIONE INDUSTRIA DEL SENATO

Condomìni, come funzionerà lo scambio di energia elettrica tra abitazioni

Più spazio alla figura del “prosumer” di energia - al tempo stesso consumatore e produttore - e alle comunità energetiche rinnovabili. L’Italia deve rapidamente chiudere il cerchio sul recepimento della direttiva europea 2018/2001: all’orizzonte si staglia una mezza rivoluzione anche nei condomìni dove potrebbe diventare realtà lo scambio di energia elettrica tra le diverse abitazioni.

I pareri degli operatori del settore e suggerimenti concreti su come attuare la direttiva sono stati raccolti dalla commissione Industria di Palazzo Madama nell’ambito di un’indagine i cui contenuti , qui anticipati, saranno presentati il 26 marzo al Senato (previsti gli interventi del presidente del Senato Elisabetta Casellati; del presidente della commissione Industria Gianni Girotto, M5S; del sottosegretario del Mise Davide Crippa, M5S; del presidente dell’Authority Stefano Besseghini e del presidente del Gse Francesco Vetrò).

Modelli energetici basati sull’autoconsumo da fonti rinnovabili e sull’accumulo, sull’aggregazione di domanda e sul concetto di “demand reponse” sono da diversi anni al centro delle piattaforme programmatiche del Movimento 5 Stelle. «Questa consultazione - dice Girotto - vuole essere il punto di partenza per un confronto consapevole su questi temi. E ne scaturirà a breve una risoluzione della commissione Industria con le priorità da seguire». Spetterà poi al governo mettere a punto le norme di recepimento (un orientamento, ancora cauto, ad accelerare è emerso anche durante l’intervento del sottosegretario Crippa alla presentazione del piano Clima Energia 2030 la scorsa settimana).

Il quadro attuale e i cambiamenti in arrivo
La normativa italiana non consente ancora scenari come quelli preconizzati dai 5 Stelle, che chiedono da tempo una regolamentazione più favorevole ai cosiddetti sistemi di distribuzione chiusi (Sdc) basati sulle rinnovabili. L’unica forma di autoconsumo consentita a livello residenziale è quella (one to one): da un unico impianto ad un unico consumatore finale, con l’eccesso di produzione da immettere in rete. Ma la direttiva, ancora da adottare in Italia, prefigura un cambio di scenario radicale. Di fatto gli autoconsumatori di energia rinnovabile che si trovano nello stesso edificio potranno organizzare tra di loro lo scambio di energia rinnovabile prodotta presso il loro sito. La produzione, l’accumulo e la vendita di energia si trasformerebbe in un modello da uno a molti (one to many). Le principali associazioni ambientaliste, in una lettera inviata a febbraio ai ministeri competenti per sollecitare l’attuazione della direttiva, descrivevano così i cambiamenti pratici: «Ad esempio in un condominio, un impianto fotovoltaico installato sul tetto potrà fornire elettricità ai diversi appartamenti, cosa che oggi è vietato fare in Italia, visto che l’unica forma ammessa di autoconsumo è quella da un unico impianto a un solo consumatore finale». Il pacchetto Ue prevede anche che diversi soggetti possano unirsi a delle «comunità delle rinnovabili» basate sull'autoconsumo elettrico e sulla condivisione dell'energia prodotta.

In generale, sul tema dei sistemi di distribuzione chiusi e della loro evoluzione, ci sono aspetti potenzialmente critici, da chiarire, su cui lavorare in sede di recepimento. In che misura queste reti chiuse compartecipano agli oneri di sistema che tutti gli italiani pagano in bolletta? Quali garanzie in termini di gestione, sicurezza e di bilanciamento della rete? Questioni tutt’altro che secondarie sulle quali, come emerso anche dalla consultazione pubblica della commissione Industria del Senato, ci sono risposte ancora diverse.

Lo scambio nei condomìni: i pareri
L’indagine della commissione Industria è stata suddivisa in tre sezioni: sistemi di distribuzione chiusi; generazione, accumulo e autoconsumo da fonti rinnovabili all’interno di condomini e latri edifici; comunità energetiche rinnovabili. Nell’ambito dell’istruttoria sono state depositate 37 memorie in corso di audizione e quattro sono stati i documenti trasmessi. In totale le risposte al questionario sono state 275, di cui 48 da aziende private, 27 da associazioni di categoria, 3 da istituzioni, 9 da consulenti del settore e 188 da privati cittadini.

«Il pacchetto europeo - osserva Girotto - dovrà consentire da un modello fossile e centralizzato a uno decarbonizzato e decentralizzato, con un grosso passo in avanti per l’autoconsumo istantaneo. L’obiettivo cioè deve essere spostare i consumi il più possibile nelle ore centrali del giorno, quando il fotovoltaico dà il massimo apporto. Sono possibili risparmi significativi per il prezzo dell’energia, anche quello pagato dalle imprese. Agevolare chi intende fare autoproduzione con contestuale autoconsumo ha come primo tangibile vantaggio quello di evitare un 6% di inefficienza che si ha per la perdita media lungo le linee, ad esempio se produci in Basilicata e consumi in Piemonte».

Il primo quesito dell’indagine («affare assegnato» nella terminologia parlamentare) riguarda «lo scambio diretto di energia elettrica prodotta negli edifici tra unità abitative del medesimo condominio». Prevalgono i pareri favorevoli, pur con dei distinguo, alla possibilità per gli utenti di un condominio di connettersi tra loro attraverso una rete privata. Premessa la necessità di circoscrivere il campo alle fonti rinnovabili e alla cogenerazione ad alto rendimento, alcuni operatori sottolineano la necessità di «valutare i benefici attesi in termini di ottimizzazione delle risorse energetiche e delle criticità relative alla gestione e alla sicurezza della rete». Tra i suggerimenti, anche quello di studiare «uno scambio dell’energia di tipo virtuale senza la necessità di costruzione/subentro nelle reti fisiche».
«C’è un’intera filiera, con relativi posti di lavoro, che potrebbe beneficiare di questa innovazione: se solo un quinto dei condomini decidesse di installare impianti si attiverebbero 250mila mini cantieri» dice Girotto.

La questione aperta degli oneri di sistema

«Un effetto di questo cambio di visione radicale - prosegue il senatore M5S - è quello di non pagare determinati oneri - legati all’utilizzo della rete pubblica - sull’energia che autoproduci e autoconsumi». Si potrebbe aprire però un problema di extracosti e sovraoneri a carico dell’intero sistema elettrico che deriverebbero dalle esenzioni per i sistemi di generazione, accumulo e autoconsumo tra prosumer. «Premesso che la rete pubblica deve essere supportata e sviluppata, con tutti i costi che ovviamente vanno considerati, il procedimento che aprono le direttive durerà anni e man mano che si andrà avanti potremo modificare eventualmente la ripartizione degli oneri. Qualche fronte su cui riflettere c’è a mio parere. Ad esempio oggi, su 28 terawattora di autoconsumo, l’80% degli incentivi, cioè circa 1 miliardo di euro, va alle fonti fossile. Bisognerebbe intervenire».

Gli altri punti dell’indagine

Dalla consultazione, aggiunge Girotto, «emerge anche che la riforma della tariffa del 2016, che noi avevamo sempre contestato troppo sbilanciata sulla componente fissa e poco sul consumo, scoraggia i comportamenti virtuosi sia come efficientamento sia come autoproduzione».

Un capitolo specifico è riservato alle comunità energetiche rinnovabili, da avviare eventualmente anche in via sperimentale prima del recepimento della normativa europea. «Faccio notare - dice il presidente della commissione Industria - che la cosiddetta direttiva RED II apre alla produzione e al consumo non solo contigui ma anche di prossimità e collettiva, grazie alle comunità. Quindi a un autoconsumo collettivo e con un ambito geografico più ampio. Il classico esempio è quello delle scuole, chiuse d’estate e quindi con i pannelli sul tetto inutilizzati. Invece, se incluse in una comunità disciplinata dalla legge, possono cedere energia accumulata e non impiegata».

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