
La decisione definitiva sulla Tav e sullo sblocco delle grandi opere - compreso il gasdotto Poseidon, che da Israele dovrebbe raggiungere le coste di Otranto sulla scia della Tap - è di fatto rimandata a dopo le elezioni europee e amministrative (si vota in quasi 4mila Comuni e in Piemonte) del prossimo 26 maggio. Così come l’autonomia differenziata chiesta dalle Regioni del Nord. Così come la messa a punto della riforma fiscale per estendere anche anche alle famiglie la cosiddetta flat tax introdotta per le partite Iva. Più che progettare improbabili cadute subitanee del governo Conte (a meno che non siano i pentastellati a prendere l’iniziativa di staccare la spina) o improbabili ingressi di Forza Italia e\o Fratelli d’Italia nel governo gialloverde, il leader della Lega Matteo Salvini punta a ribaltare i risultati elettorali delle scorse politiche, quando il Carroccio prese il 17% e il M5s il 32%, per imporre la sua agenda. A partire appunto dallo sblocco delle opere e dall’autonomia differenziata.
I veri nodi sono insomma rimandati a dopo le europee. Compreso il nodo più grande, ossia la messa a punto della prossima manovra economica d’autunno “lacrime e sangue” (occorre trovare più di 50 miliardi per disinnescare le clausole di salvaguardia sull’aumento dell’Iva per il 2020 e il 2021). Ma in vista dell’importante appuntamento elettorale del 26 maggio il M5s dovrà piantare qualche bandierina per tentare la rimonta. Da qui gli annunci di proposte di legge su due fronti non troppo graditi alla Lega: il salario minimo, in evidente competizione con il Pd in ripresa, e un piano di «vera lotta ai grandi evasori fiscali» così come annunciato da Luigi Di Maio in un’intervista al Corriere della sera. Riusciranno i pentastellati ad arrivare all’approvazione in Consiglio dei ministri nelle prossime settimane? Più probabile che il tentativo riesca per il salario minimo che per il piano anti-evasori, ma intanto i temi sono lanciati. Utili per la propaganda elettorale.
C’è poi un’altra possibile bandiera che il M5s può piantare prima del voto europeo: l’approvazione anche alla Camera, dopo il sì del Senato, del Ddl di modifica costituzionale che taglia il numero dei parlamentari (da 630 a 400 alla Camera, da 313 a 200 al Senato). Sarebbe solo la prima lettura, dal momento che essendo una modifica costituzionale il provvedimento necessita di una doppia lettura da parte di Camera e Senato con un intervallo di almeno tre mesi tra la rima e la seconda, ma comunque utile per rinnovare il cavallo di battaglia della riduzione dei costi della politica prima del voto. Ma il Ddl al momento è all’esame della commissione Affari costituzionali e non si vedono prospettive di approdo in Aula in tempi brevi. E più di un deputato leghista, a microfoni spenti, dice che il taglio dei parlamentari «non è una priorità».
Al netto delle possibili bandiere pentastellate, intanto Salvini si appresta a incassare il sì definitivo alla popolare (e populista) legge sulla legittima difesa: il via libera, dopo il sì della Camera, è previsto al Senato nelle prossime ore. Non c’è dubbio che il leader della Lega resti il più bravo, all’interno della maggioranza, a centrare l’obiettivo e a portarlo a casa. Giusto o sbagliato che sia.
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