Il precedente è l’ultimo sciopero generale contro la Buona Scuola di Matteo Renzi, che ha visto scendere in piazza, secondo cifre sindacali, oltre mezzo milione di docenti per dire “No” alla chiamata diretta, all’alternanza scuola-lavoro obbligatoria, e all’introduzione di un po’ di merito in classe.
Da allora, c’è stato un susseguirsi di interventi “riparatori”, culminati con la firma, con Valeria Fedeli, del nuovo Ccnl, 2016-2018, e con l’attuale ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, lo smontaggio della chiamata diretta e la fortissima riduzione dell’alternanza, che ha cambiato addirittura nome, in percorsi per le competenze trasversale per l’orientamento. Per non parlare del bonus merito, i 200 milioni originari per valorizzare gli insegnanti meritevoli, oggi fortemente rivisto.
Eppure, per le sigle sindacali questi passi non bastano. E sono tornate sul piede di guerra: il prossimo 17 maggio è stata proclamata una nuova astensione generale.
I motivi della protesta
Stasera, alle ore 20, salvo sorprese perché prima è in calendario una riunione del Consiglio dei ministri alquanto delicata
sul decreto crescita, i sindacati dovrebbero incontrare a palazzo Chigi il premier, Giuseppe Conte e il ministro Bussetti.
Per i sindacati sono quattro i punti centrali sulla scuola che, a loro dire, l’esecutivo sta trascurando: più soldi in busta
paga (ovviamente senza merito, ma come al solito uguali per tutti) per gli insegnanti, l’eliminazione del precariato (a settembre
le supplenze superanno, e non di poco, quota 100mila), la valorizzazione del personale non docente, cioè gli Ata, e lo stop
immediato a qualsiasi ipotesi di regionalizzazione dell’istruzione.
L’incontro con Bussetti i primi di aprile
Il tavolo a palazzo Chigi si è reso necessario dopo le chiusure dei giorni scorsi: al ministero del Lavoro non si è concluso
positivamente il tentativo di conciliazione, e anche il faccia a faccia dei primi di aprile con il ministro Marco Bussetti,
sempre a detta delle organizzazioni sindacali, è stato deludente. Il ministro, tuttavia, ha annunciato una nuova tornata di
concorsi ordinari, da infanzia alle superiori, per circa 66mila cattedre, complessive (aprendo ai laureati); e una soluzione
per i precari storici (oltre 36 mesi di servizio alle spalle), che punta su una super valutazione dei titoli e una quota di
riserva dei posti (attualmente è il 10%, ma è destinata a salire).
Il tentativo ora di Conte
Usciti dal confronto con Bussetti i sindacati, tutti, però, hanno confermato lo sciopero generale del 17 maggio dei lavoratori
del comparto istruzione e ricerca. L’incontro con il premier, Conte, dovrà servire per smorzare un po’ i toni. Ma non solo.
Anche perché il precedente sciopero generale del governo Renzi è stato indicativo (nonostante l'ex premier Pd abbia stabilizzato
circa 90mila precari, la cifra più alta di sempre nella scuola, e stanziato a regime quasi 3 miliardi di euro). Dopo quella
manifestazione, il mondo della scuola tolse la fiducia all’esecutivo Renzi, e alle successive elezioni non votò per il Pd.
Ora, il 26 maggio sono in calendario nuove elezioni (le Europee), e uno sciopero generale della scuola il 17 maggio potrebbe
comportare lo stesso effetto. Una circostanza che il governo giallo-verde (dove andarono molti voti di “delusi” della scuola)
vuole a tutti i costi evitare.
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