Le fatiche del premier “eterno mediatore” tra i suoi vice litigiosi non finiscono mai. Al ritorno dalla Cina, dove sarà da
domani a domenica, Giuseppe Conte dovrà affrontare tanti dossier caldissimi. Dall'atteso faccia a faccia con il sottosegretario
leghista Armando Siri, indagato per corruzione e sotto assedio da parte del M5S perché lasci il Governo, al nodo delle nomine
in Bankitalia. Fino alla questione conti e investimenti, che lo vede impegnato in prima linea per far decollare le cabine
di regia InvestItalia e Strategia Italia nonché la nuova centrale di progettazione per le opere pubbliche.
Già lunedì potrebbe tenersi l'incontro con Siri. Il premier ha già fatto sapere che vorrà «guardarlo negli occhi» e ascoltarlo,
“con un approccio da giurista». In attesa di nuovi particolari che potrebbero emergere dall'inchiesta coordinata dai Pm di Roma e di Palermo, Conte ha intenzione
di salvaguardare i principi «dell'etica pubblica». I Cinque Stelle vorrebbero che fosse lui a esercitare la moral suasion
necessaria perché il sottosegretario faccia un passo indietro. Ma è difficile che questo accada senza un via libera di Matteo
Salvini, per ora deciso a blindare Siri. Così come è complicato immaginare che il presidente del Consiglio proceda in autonomia
a detronizzare Siri, seguendo il precedente di Silvio Berlusconi che nel 2002 revocò l'allora sottosegretario ai Beni culturali,
Vittorio Sgarbi, grazie a un voto collegiale in Consiglio dei ministri. È la collegialità che al momento non si intravede
all'orizzonte.
Sempre lunedì alle 20 è convocato un nuovo Cdm che potrebbe risolversi in una nuova riunione ad alta tensione. Perché all'ordine del giorno ci sono le nomine del Direttorio di Bankitalia e quella del nuovo prefetto di Roma, su cui si preannunciano scintille nella maggioranza. Per la Banca d'Italia il Governo è chiamato a dare il parere sui nomi proposti dal Consiglio Superiore di Via Nazionale lo scorso marzo: Fabio Panetta nuovo direttore generale, con il Ragioniere generale dello Stato Daniele Franco vice insieme a Luigi Federico Signorini (il cui rinnovo è sospeso da gennaio) e ad Alessandra Perrazzelli, ex Intesa San Paolo, country manager di Barklays Italia e vicepresidente di A2A. Proprio su Perrazzelli è scattato il veto della Lega, cui si sono accodati i Cinque Stelle, perché ritenuta troppo vicina all'area del Pd lombardo. Tanto che la soluzione ipotizzata negli ultimi giorni per evitare la paralisi del Direttorio (il Dg Salvatore Rossi e la vice Valeria Sannucci scadono il 9 maggio) è quella di un via libera parziale del Cdm ai primi tre nomi, senza quello di Perrazzelli.
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Anche sul nuovo prefetto di Roma si attende un confronto serrato, visto lo scontro ormai quotidiano tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio sulla Capitale. Il nome in pole position per succedere a Paola Basilone, già designata alla Corte dei conti, è quello di Gerarda Pantalone, attualmente capo del Dipartimento immigrazione del Viminale e sostenuta da Salvini con cui, si racconta, il feeling è totale. Ma per il M5S - costretto a sopportare ogni giorno le bordate del vicepremier leghista contro Virginia Raggi, culminate nello stralcio di gran parte della norma “salva Roma” dal decreto crescita - potrebbe essere difficile accettare la nomina, vista come un'altra tappa della marcia di Salvini alla conquista della Capitale. A Conte, ancora una volta, il compito di cercare un'intesa.
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Ma, al di là delle contingenze, sul tavolo del premier bolle la questione della tenuta economica del Paese. Domani è atteso il nuovo rating di Standard&Poor's, che a ottobre lo aveva lasciato invariato modificando però le previsioni
da stabili a negative e poi rivedendo al ribasso le stime di crescita per il nostro Paese. Ed entro maggio la Commissione
Ue dovrà valutare il Piano nazionale delle riforme allegato al Def per sfornare a giugno le sue raccomandazioni. È anche per
questo che Conte deve accelerare sul fronte cantieri e investimenti, facendo partire il lavoro delle cabine di regìa istituite
nei mesi scorsi. Serve un messaggio rassicurante per Bruxelles ma soprattutto per i mercati.
Resta da definire pure il destino di Alitalia, per la quale il presidente aveva annunciato un tavolo a Palazzo Chigi. Il decreto crescita ha cancellato la scadenza per la restituzione del prestito ponte da 900 milioni (era prevista al 30
giugno) e ha aperto la strada all'ingresso del ministero dell'Economia nel capitale della compagnia. Ferrovie e Delta sono
già della partita, ma rimane aperta la caccia al partner privato che dovrebbe sostenere il salvataggio della compagnia. In
ballo c'è Atlantia, la holding che controlla Autostrade e Aeroporti di Roma, da cui la settimana scorsa è arrivato un freno
a partecipare all'operazione ma con cui il confronto è aperto. Con Conte impegnato a trovare una soluzione. Affaticato, ma
deciso a non mollare.
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