Londra, martedì 23 aprile. Il caffè mattutino della premier Theresa May viene reso amaro dalla lettura dei giornali. Uno dei più importanti quotidiani inglesi, il Daily Telegraph, pubblica una notizia in esclusiva: Londra consentirà al colosso cinese Huawei di partecipare alla fornitura di «componenti non cruciali» del sistema di telecomunicazione 5G. Posizione riservata frutto della riunione del Consiglio di sicurezza nazionale: uno dei partecipanti ha “passato” la notizia al giornalista del quotidiano conservatore. Chi è? L’inchiesta interna porta al ministro della Difesa, il quarantaduenne Gavin Williamson. Che rivendica la propria estraneità ma il 1° maggioviene licenziato dal capo del governo. Tempo impiegato: otto giorni.
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Roma, giovedì 18 aprile. La giornata del premier Giuseppe Conte comincia male. Prima delle 9 le agenzie battono la notizia che un membro del suo governo, il sottosegretario leghista alle Infrastrutture, il quarantesettenne Armando Siri, è indagato per corruzione. «Io non esprimo una valutazione, come premier avverto il dovere e la sensibilità di parlare con il diretto interessato, Armando Siri. Chiederò a lui chiarimenti e all’esito di questo confronto valuteremo» è la prima reazione del presidente del Consiglio. Siri, assai vicino al leader della Lega Matteo Salvini, si dichiara innocente e resta al suo posto. Il Consiglio dei ministri di mercoledì prossimo dovrebbe discutere la revoca del sottosegretario proposta dal premier. Nel frattempo saranno trascorsi 21 giorni.
Per accostare le due vicende ovviamente occorre tenere in debito conto alcune differenze. Su tutte, la composizione dei due governi: monocolore conservatore quello guidata da May; unione tra forze eterogenee (Carroccio e M5S) quello di Conte. E anche i rapporti tra primo ministro e membri del governo nei due sistemi non sono sovrapponibili. Nel caso italiano, poi, non è chiara quale sia la procedura per la revoca dei sottosegretari e l’unico precedente individuato è quello di Vittorio Sgarbi (2001). C’è però da dire che anche dalle parti di Londra erano trent’anni che non si vedeva un ministro licenziato dal suo premier.
Curiosamente le due storie hanno però in comune una telefonata. La prova che ha inchiodato l’ambizioso Williamson è la chiamata di 11 minuti che il ministro ha fatto a un cronista del Daily Telegraph; le ipotesi di reato formulate dalla magistratura romana a Siri ruotano attorno a un’intercettazione telefonica in cui l’imprenditore Paolo Arata (indagato) fa riferimento a una tangente di 30mila euro data o promessa al sottosegretario.
Ma a colpire è soprattutto il diverso modo di procedere. Conte rinvia a lungo il confronto con il suo sottosegretario, anche per via di impegni all’estero. A sei giorni da quel 18 aprile Palazzo Chigi fa sapere che il premier italiano avrebbe sentito telefonicamente Siri «prima della partenza per la Cina». Da Pechino, dopo aver parlato telefonicamente con Siri e ragionando sulla possibile richiesta di sue dimissioni aggiunge: «Se mi dovessi convincere di questa soluzione non ci saranno alternative. Ho il potere? Lo vedremo, a tempo debito». Ventiquattro ore dopo, ancora dall’Oriente: «Se la mia determinazione andrà nella direzione delle dimissioni, troverò il modo di scollarlo dalla poltrona». Finalmente il 28 aprile avviene l’incontro: un colloquio di «circa due ore» nel quale il premier chiede senza successo al sottosegretario di rimettere l’incarico. Senza successo. Il premier si spazientisce ma con i cronisti: «Quotidianamente - dice il 30 aprile da Tunisi - mi chiedete su Siri: io ho annunciato con trasparenza i principi del mio percorso. Vi chiedo di pazientare il termine del percorso. Si assumerà una decisione e verrà comunicata a tutti». Solo il 2 maggio il premier è in grado di dire: «All’ordine del giorno del prossimo Consiglio dei ministri porrò la mia proposta di revoca del sottosegretario Armando Siri».
Oltremanica le cose vanno speditamente. Dopo la fuga di notizie, le verifiche sui telefoni dei partecipanti alla riunione del Consiglio di sicurezza si concentrano su Williamson. May lo incontra per trenta minuti. Nel giorno della Festa dei lavoratori la firma della lettera di licenziamento: non c’è più fiducia nel ministro della Difesa. Quello che Conte pensa di Siri: «La fiducia, è questo il tema», ha detto parlando del sottosegretario. Che è ancora sulla sua poltrona.
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