Una retribuzione minima oraria di 9 euro (al lordo di oneri contributivi e previdenziali), che potrebbe scendere un po’, a 8,50 euro o anche a 8 euro, per evitare, così trapela da fonti di maggioranza grilline, possibili effetti “spiazzamento” per interi comparti (servizi e artigianato) o tipologie di impieghi (lavoro domestico). Il salario “base” così (eventualmente) fissato ex lege varrebbe per tutti i nuovi contratti collettivi nazionali, stipulati successivamente all’entrata in vigore della nuova normativa (il veicolo individuato dall’Esecutivo è il Ddl Catalfo, attualmente all’esame della commissione Lavoro del Senato).
Il nuovo minimo salariale, nelle intenzioni del M5S, si applicherebbe, sicuramente, a tutto il lavoro dipendente; si starebbe ragionando se escludere le collaborazioni, oltre agli impieghi puramente autonomi, per esempio, le partite Iva (considerate le differenze, a partire dalle modalità di retribuzione della prestazione, rispetto al lavoro alle dipendenze). Non solo. Da quanto si apprende, sarebbe allo studio pure una disposizione normativa per assicurare efficacia generalizzata ai Ccnl firmati dalle sole associazioni di imprese e lavoratori più rappresentative (qui l’obiettivo è contrastare il dumping contrattuale).
Lunedì, incontro con i sindacati
Lunedì 6 maggio è previsto un nuovo incontro al ministero del Lavoro con i tecnici dell’esecutivo e i sindacati sul salario
minimo. Il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, ha intenzione di accelerare, come ripete da giorni, nonostante la contrarietà
delle parti sociali. E, in parte anche della Lega, decisamente fredda rispetto all’argomento salario minimo (il Carroccio
punta su altro: ha pronto un Ddl per rilanciare i premi di produttività). Il tema, salario minimo, è estremamente delicato.
Lunedì 6 maggio alle ore 12 scade pure il termine per gli emendamenti al ddl Catalfo (relatore e governo possono comunque
sempre intervenire).
In Italia, storicamente, l’assenza di un salario minimo legale è correlata alla diffusione della contrattazione collettiva
che, da sempre, si è fatta carico di individuare i livelli salariali minimi per ciascuna categoria. Il salario, peraltro,
non è solo «paga oraria», come evidenziato nei giorni scorsi da Annamaria Furlan, segretario generale della Cisl. Ci sono
tanti elementi (produttività, tredicesima, tfr, solo per fare degli esempi), che vanno, pertanto, ben oltre soglie monetarie
fisse (e rigide) che si vogliono introdurre per legge. Mentre, la certificazione del peso di ciascuna delle parti chiamata
a negoziare potrebbe, a ben vedere, servire a porre un limite alla proliferazione dei contratti collettivi stipulati da sigle
prive di rappresentanza, con condizioni normative ed economiche al ribasso che alterano la concorrenza, penalizzano i lavoratori
e le imprese regolari; fenomeno, recentemente, evidenziato dal Cnel che ha censito qualcosa come 888 Ccnl vigenti depositati
nell’archivio (e almeno due terzi sono giudicati “contratti pirata”).
La norma sui riders
All’ordine del giorno, al tavolo al ministero del Lavoro, c’è il salario minimo. Ma dopo le parole, dei giorni scorsi, di
Luigi Di Maio («è pronta la norma sui riders»), non è da escludere che si tasterà il polso delle organizzazioni sindacali
anche su questa tematica, visto che la disposizione, sempre secondo quanto dichiarato dal ministro, dovrebbe essere inserita
nel ddl Catalfo sul salario minimo. La disposizione messa a punto dai tecnici di area grillina prevede, sì, una estensione
di tutele per questi lavoratori (secondo le stime, circa 10mila), dalla copertura Inail per gli infortuni, a una migliore
contribuzione Inps, al divieto del cottimo. Ma, al tempo stesso, va anche oltre, rivedendo uno dei decreti attuativi del Jobs
act, e assoggetta alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato non solo i riders, ma a tutti i rapporti di collaborazione
che «si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate
dal committente, anche attraverso il ricorso a piattaforme digitali».
L’esperto: sui riders soluzione poco chiara
«Il progetto del Governo incrocia tre temi centrali per il diritto del lavoro: selettività della contrattazione collettiva
in base alla rappresentatività sindacale; salario minimo garantito e tutela dei collaboratori autonomi continuativi (raider
inclusi); un impegno notevole e destinato ad incidere su alcuni delicati equilibri dell’attuale sistema - sottolinea Arturo
Maresca, ordinario di diritto del Lavoro all’università La Sapienza di Roma -. Proprio per questo si dovrebbe procedere con
estrema cautela, anche cercando di intervenire e chiarire aspetti oggi controversi. Per quanto riguarda le collaborazioni,
la modifica legislativa intende identificare la etero-organizzazione prevista dal Job Act in modo più rigoroso in quanto per
l’applicabilità della disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni richiede l’accertamento delle modalità di esecuzione
del lavoro, mentre attualmente l’etero-organizzazione si riferisce in modo generale all’organizzazione del tempo e del luogo.
Così facendo, tuttavia, si rischia di confondere la etero-organizzazione con l’etero-direzione. La nuova norma, invece, perde
l’occasione di chiarire cosa si debba intendere per disciplina del lavoro subordinato da applicare alle collaborazioni etero-organizzate,
che la sentenza della corte di appello di Torino sui raiders Foodora ha circoscritto alla solo tutela economica».
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