Pioggia, grandine, freddo. E poi ancora acqua e nuvole basse: coi fari che fendono la nebbia. Peggio che in inverno. La tappa più attesa, quella del Mortirolo, pur orfana del Gavia per la troppa neve, non smentisce le previsioni. Succede di tutto e, alla fine, al traguardo di Ponte di Legno, vede la vittoria di Giulio Ciccone che batte allo sprint Hirt, suo compagno di fuga fin dai primi chilometri della tappa.
Per l’abruzzese, 24 anni, è il secondo successo al Giro d'Italia. Un successo che cercava dall’inizio della corsa rosa. Fradicio, coi denti che battono dal freddo, Ciccone dice: «Erano due anni che ci provavo, ma non ci riuscivo. È stata una giornata durissima. Quando sono scollinato sul Mortirolo, per la fretta ho buttato via la mantellina, ma alla fine ce l'ho fatta lo stesso…».
Ma il grido di gioia dell'abruzzese è solo uno dei tanti episodi che fotografano una giornata senza un attimo di tregua. Una giornata che porta un nuovo scossone alla classifica, grazie soprattutto a un prepotente attacco di Vincenzo Nibali, scattato proprio sul Mortirolo quando mancavano 34 chilometri al traguardo di Ponte di Legno. Una sgommata coraggiosa, quasi un azzardo così presto, che ha subito sfrangiato il gruppo dei big. Mentre la maglia rosa, Carapaz, supportato dai suoi luogotenenti (Amador e Landa) riusciva a mantenere il controllo della situazione, riagganciando Nibali prima della discesa, lo sloveno Roglic perdeva sempre più terreno, rimanendo staccato senza nessun compagno di squadra in grado di aiutarlo. Il tutto sotto un'acqua scrosciante, tra asfalto bagnato e pozzanghere che rendevano la strada viscida come una saponetta.
Dopo la discesa, il distacco tra Roglic e il gruppetto dei big è aumentato. In pratica gli ultimi tredici chilometri, in lieve salita, sono stati una una specie di corsa a cronometro verso il traguardo. Spinti da Caruso, compagno di Nibali, il trenino dei fuggitivi è andato a tutto gas per staccare ulteriormente Roglic che, alla fine, ha accusato quasi un minuto e mezzo dai migliori. Nibali, quarto all’arrivo, è riuscito quindi nel primo obiettivo di giornata: quello cioè di annullare lo svantaggio su Roglic (un minuto) e di superarlo di 22 secondi nella classifica generale.
Missione compiuta, quindi? No, perchè da questa tappa esce sempre più rafforzata la leadership di Carapaz, ben protetto dai compagni, e sempre lucido in ogni fase della corsa. Anche durante l’attacco di Nibali, la maglia rosa non
si è minimamente scomposta. Anzi. E dopo un veloce aggiornamento via radio con la sua ammiraglia, ha preso il suo passo senza
andar fuori giri.
«Pur essendo giovane, ho ormai una certa esperienza di grandi corse a tappe», ha spiegato dopo l’arrivo l’equadoregno. «Il
traguardo era ancor lontano, e quindi sono andato avanti tranquillo, senza farmi prender dal panico». Tanto di cappello.
Insomma, le cose si complicano. Ora in classifica Nibali è secondo a un minuto e 47” da Carapaz. E Roglic è dietro, terzo a 2 minuti e 9”. Ma non sarà facile per lo Squalo mettere sotto pressione la maglia rosa. La strada per Verona, dove domenica 2 giugno si svolgerà la cronometro finale, comincia ad accorciarsi. Ci sono ancora delle salite, ma poche, almeno sulla carta, in grado di far la differenza. A questo punto, tutto è in mano a Nibali. Al suo talento. E alle energie che gli restano. Ci ha abituato ai miracoli in extremis, ma questa volta dovrà chiedere un aiuto supplementare al santo protettore dei campioni.
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