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Dossier Sforzi insufficienti sul debito: cosa accade dopo la lettera di Bruxelles

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    Dossier | N. 7 articoli Braccio di ferro Roma-Bruxelles

    Sforzi insufficienti sul debito: cosa accade dopo la lettera di Bruxelles

    Formalmente quello che è stato recapitato nelle ultime ore al ministro dell’Economia, a via XX Settembre 97 a Roma, è un primo avviso. O, per ricorrere a un’espressione anglosassone, un “warning”, che potrebbe preludere all’apertura nei confronti dell’Italia di una procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo causato dalla violazione della regola del debito. Tre sono le istituzioni coinvolte che metteranno sotto osservazione l’Italia: Commissione Ue, Ecofin e, forse, anche il Consiglio europeo. Con scadenze serrate da qui all’inizio della pausa estiva.

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    Il contesto del semestre europeo
    Il tutto si contestualizza all’interno della complessa disciplina di bilancio europea e in questa fase nel cosiddetto “semestre europeo”. Il semestre europeo, che si protrae da gennaio a giugno, è stato introdotto nel 2012, allo scopo di rafforzare la governance economica dell’Unione, attraverso un coordinamento preliminare delle politiche economiche dei paesi europei. Un coordinamento “ex ante” che si traduce in comunicazioni, interlocuzioni, presentazione del Def (il Documento di economia e finanza) ad aprile, raccomandazioni, scambio di documenti. Insomma, un calendario sostanzialmente strutturato che contempla una dialettica tra la Commissione e i singoli paesi soprattutto laddove si riscontrino deviazioni significative dalle regole Ue di bilancio.

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    Il precedente del governo Gentiloni
    In questo caso - è avvenuta la stessa cosa due anni fa con l’esecutivo Gentiloni (Padoan ministro dell’Economia), anche allora l'Italia aveva avuto 48 ore di tempo per rispondere -, se si evidenziano scostamenti molto gravi la Commissione invia una prima lettera con cui si chiede di esporre gli eventuali fattori rilevanti o circostanze eccezionali che potrebbero essere alla base della deviazione dagli obiettivi concordati sul fronte del debito e del deficit strutturale (che si calcola al netto delle una tantum e delle variazioni del ciclo economico). Una lettera, come si diceva, che rientra nella prassi e nelle procedure, propedeutiche ad azioni successive.

    I nuovi rapporti all’interno della maggioranza
    Di certo la lettera arriva in un momento politicamente in cui, all’indomani delle Europee, gli equilibri politici all’interno dell’esecutivo tra Lega e Cinque Stelle si sono ribaltati, a favore di un Carroccio che non esclude a priori la possibilità che si possa andare oltre la fatidica soglia del 3% del rapporto tra deficit e Pil, sancita dal patto di Stabilità e crescita.

    La richiesta di Dombrovskis e Moscovici
    La lettera, su cui si legge la firma in calce del vice presidente della Commissione Valdis Dombrovskis e del commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici, che esordisce con la formula “Caro ministro, caro Giovanni”, e che è inviata in copia ad Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro, chiede al governo di esporre entro 48 ore (vale a dire entro il 31 maggio) le sue “controdeduzioni”: sotto la lente il controverso aumento del debito pubblico italiano nel 2018.

    Il 5 giugno arrivano le raccomandazioni
    Il 5 giugno arriveranno le cosiddette “raccomandazioni paese”, le indicazioni della Commissione Stato per Stato, e dunque anche per l’Italia, con le modalità per stimolare la crescita e l'occupazione, mantenendo in ordine i conti pubblici. In quell’occasione verrà pubblicato, probabilmente, anche il rapporto sul debito (l’Italia è fuori linea). Ci potrebbe essere già in quella circostanza la decisione della Commissione europea di avviare la procedura per aprire un eventuale azione contro l’Italia.

    La parola all’Ecofin il 14 giugno
    Chi decide formalmente l’apertura della procedura? È la “politica”: l’Ecofin,al quale partecipano i ministri dell’Economia e delle finanze di tutti gli Stati membri della Ue. La prima riunione in cantiere è il 14 giugno, il giorno dopo L’Eurogruppo a Lussemburgo tra i ministri finanziari dell’Eurozona. Ed è possibile che già in questa occasione sarà fatta una prima valutazione se aprire formalmente la procedura.

    L’ulteriore vaglio del Consiglio europeo il 20-21 giugno
    Essendo un dossier complesso che riguarda la terza economia della Ue, è possibile che venga chiesto un ulteriore vaglio politico al Consiglio europeo (l’organismo che riunisce i capi di Stato e di Governo della Ue), che si riunirà il 20 e 21 giugno. Allo stato attuale la riunione ha all’ordine del giorno le nomine (prossimo presidente della Commissione, nuovo presidente Bce, l'Alto rappresentante per la politica estera ) e l’agenda strategica Ue per il periodo 2019-2024. Non è escluso che in quell’occasione venga espresso un parere sulla procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Spetterà poi al successivo Consiglio Ecofin dell’8-9 luglio prendere la decisione finale.

    Rischio procedura di infrazione
    In caso di via libera alla procedura di infrazione, si aprirebbe la fase del “rientro” dalla posizione di eccesso di deficit riscontrata. In questo caso entriamo in un terreno inesplorato, visto che la procedura, che potrebbe durare anche, in teoria, 2-3 anni, finora non si è mai conclusa per alcun paese. La Commissione stessa potrebbe dare a Roma un arco di tempo per adottare le contromisure (forse entro 6 mesi). Se il governo italiano non si adegua, la Commissione, con la condivisione dell’Ecofin, potrebbe formulare una seconda raccomandazione e dare all’italia un tempo più breve (2-3 mesi?) per adeguarsi.

    Sanzioni e addio flessibilità
    Se Roma non adotta le misure necessarie, Bruxelles potrebbe proporre che all’Italia sia imposto un deposito fruttifero pari allo 0,2% del Pil (poco più di 3miliardi di euro). Il Consiglio Ecofin, entro 10 giorni, deve decidere a maggioranza qualificata se rigettare la proposta di sanzioni. Sanzioni di questo tipo non sono mai scattare. Sarebbe la prima volta. Durante la procedura di infrazione, l’Italia rientrerebbe nel “braccio correttivo” del Patto di stabilità: per Roma verrebbe meno ogni possibilità di accedere a tutte le forme di flessibilità previste dalla Comunicazione della Commissione del gennaio 2015. E i conti di Roma sarebbero sottoposti a un monitoraggio continuo da parte delle istituzioni comunitarie.

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