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Sul salario minimo le resistenze della Lega alla proposta M5S

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agenda di governo

Sul salario minimo le resistenze della Lega alla proposta M5S

Il salario minimo è uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle ma la proposta presentata al Senato da Nunzia Catalfo (M5S) a luglio del 2018 è rimasta da mesi in stand by, di fronte alla netta opposizione delle parti sociali e alle forti resistenze che arrivano dalla Lega. Il contratto di governo prevede l'introduzione di una legge per stabilire che ogni ora del lavoratore non possa essere retribuita al di sotto di una certa cifra «per tutte le categorie di lavoratori e settori produttivi in cui la retribuzione minima non sia fissata dalla contrattazione collettiva».

GUARDA IL VIDEO - Con il salario minimo mille euro in più l'anno per 2,9 milioni di lavoratori

A differenza da quanto previsto dal contratto di governo, la proposta Catalfo all’esame della commissione Lavoro del Senato si applica anche ai contratti esistenti, prevedendo che il trattamento economico minimo orario previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro non può essere inferiore a 9 euro lordi.

Istat: 2,9 milioni di lavoratori sotto la soglia minima di 9 euro l’ora
Per l’Istat si avrebbe un incremento della retribuzione annuale per 2,9 milioni di lavoratori dipendenti, ovvero circa il 21% dei lavoratori del privato, che oggi si trova sotto la soglia di 9 euro lordi l’ora. Per questi lavoratori l'incremento medio annuale sarebbe di circa 1.073 euro pro-capite, ma l’altra faccia della medaglia è che l'aumento della massa salariale aggiuntiva stimata intorno a 3,2 miliardi comporterebbe per circa un milione e mezzo di imprese un aggravio di costo che, se non trasferito sui prezzi, porterebbe ad una compressione intorno all'1,2% del margine operativo lordo e dello 0,5% del valore aggiunto.

Lavoro e Welfare: aumento del 18% del costo del lavoro nel terziario
L'applicazione del salario minimo legale di 9 € avrebbe un impatto pesante sull'inquadramento dei lavoratori del terziario. Il centro studi Lavoro e Welfare con Cesare Damiano e Piero Pessa ha elaborato alcune simulazioni che mostrano come nel terziario l’introduzione del salario minimo a 9 euro lordi vedrebbe coinvolti i primi tre livelli che hanno minimi retributivi più bassi e verrebbero accorpati in un unico minimo retributivo, con un effetto a catena sulla scala parametrale degli altri livelli. Ciò comporterebbe un aumento del costo del lavoro del 18%.

Anche un contratto come quello dei metalmeccanici verrebbe impattato, visto che c’è un livello d’ingresso per l’operaio senza particolari qualifiche sotto i 9 euro orari. Anche in questo caso si avrebbe un effetto a cascata sugli altri livelli e sul costo del lavoro. Con un possibile un effetto boomerang: «Nei fatti, il rischio è che una eventuale legge induca molte aziende ad uscire dal sistema dei contratti collettivi, che prevedono un perimetro di tutele più ampio, applicando solamente il salario minimo» sostiene l’ex ministro Damiano.

La Lega frena: preoccupa l’impatto sulla base produttiva
Ma nella maggioranza frena la Lega, per voce del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon: «Un buon contratto è meglio del salario minimo - ha detto lo scorso 16 aprile ad un convegno della Cisl -, in Italia le priorità sono altre. Il salario minimo è presente in altre parti d'Europa che non hanno la contrattazione diffusa come nel nostro Paese. Se si vuole intervenire, si può fare nell'ambito di una legge cornice prevedendo il salario minimo per i settori non coperti dalla contrattazione, e affrontando in contemporanea il tema della rappresentatività». Non è un mistero che il salario minimo orario a 9 euro avrebbe un forte impatto su diverse categorie produttive che rappresentano la base elettorale della Lega, dagli artigiani ai commercianti, alle piccole imprese. Di qui le preoccupazioni del partito di Salvini. Il tema, comunque, fa parte della partita più complessiva che gli alleati di governo giocano su più tavoli (Flat tax, Sicurezza, Tav, pacchetto misure per la famiglia).

Ocse: 9 euro lordi ai livelli più elevati tra i Paesi sviluppati
L'Ocse, nel far presente che il salario minimo esiste in 28 dei 36 Paesi più industrializzati, ha spiegato per voce dell’economista Andrea Garnero che il livello di 9 euro lordi «sarebbe ad oggi tra i più elevati dei Paesi Ocse», vicino «al livello della Germania ma con livelli dell'economia italiana ben lontani da quelli tedeschi. Costituirebbe l'80% del salario mediano, sarebbe tra i più alti tra i paesi Ocse anche se si guarda al potere d'acquisto». Nei Paesi Ocse i salari minimi variano tra il 40% e il 60% del salario mediano, in Italia ciò vorrebbe dire tra i 5 e i 7 euro l'ora.

I sindacati: dare valore legale ai minimi contrattuali
L'Istat mette in guardia da un duplice rischio: «un salario minimo troppo alto potrebbe scoraggiare la domanda di lavoro o costituire un incentivo al lavoro irregolare», mentre un salario minimo troppo basso «potrebbe non garantire condizioni di vita dignitose». Cgil, Cisl e Uil nell’incontro al ministero del Lavoro, hanno ribadito la richiesta di dare valore legale ai minimi contrattuali, dei contratti siglati da sindacati e associazioni datoriali più rappresentative, per tenere conto delle specificità di ogni settore, evitando il dumping salariale dei contratti pirata che penalizzano i lavoratori e le imprese sane.

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