Lo stop improvviso all’operazione Fca-Renault riapre la telenovela lunga delle tante nozze mancate tra Italia e Francia. Mentre pochi, pochissimi, restano i casi di big italiani che sono riusciti a conquistare campioni francesi senza ritorsioni o guerre intestine, Lavazza e Campari su tutti. Perché spesso, anche nei matrimoni riusciti, la coabitazione è stata tutt’altro che facile.
Le tensioni in casa Telecom e, più di recente, le scintille sulla governance nel gruppo Essilor-Luxottica tra Leonardo Del Vecchio e i partner transalpini sono lì a documentare le tante difficoltà della convivenza. E, in molti casi, incluso il tentativo di Fca di accasarsi con Renault, la presenza ingombrante del governo francese ha contribuito ad irrigidire e allontanare le posizioni.
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Lo stop di Macron sul caso Fincantieri-Stx
Basti pensare, riavvolgendo il nastro, all’operazione tentata da Fincantieri oltreconfine con l’acquisizione degli Chantiers
de l’Atlantique (ex Stx France) e in attesa ora del via libera dell’Antitrust Ue. Un primo accordo, come si ricorderà, era stato infatti già stipulato con il precedente esecutivo francese, sotto la presidenza
di Francois Hollande, dopo che il gruppo cantieristico aveva presentato un’offerta vincente all’asta fallimentare tenutasi
a Seul in seguito al fallimento del gruppo coreano che controllava i cantieri francesi. Ma quell’intesa, a un passo dal traguardo,
fu bloccata dal presidente Macron, in piena campagna elettorale, in nome della tutela degli interessi strategici nazionali.
Le tante barricate dei francesi
Il resto è storia nota: il lungo braccio di ferro successivo tra i due governi, la difficile mediazione raggiunta dopo un
complesso negoziato, e, nel mezzo, la temporanea nazionalizzazione dell’ex Stx France, tornata per il momento sotto il pieno
controllo di Parigi. A dimostrazione che, quando i francesi avvertono una minaccia, vera o presunta, sono sempre pronti ad
alzare le barricate. Come accaduto anche ora anche nella vicenda Fca-Renault o, guardando ai mesi scorsi, alla lunga battaglia
interna a Telecom tra Vivendi e il fondo Elliott per la conquista del consiglio di amministrazione (e non solo) dell’ex incumbent.
Lo squilibrio nei rapporti tra le due sponde
Se si scorre l’elenco delle operazioni tra i due paesi, la cronaca racconta soprattutto lo squilibrio dei rapporti nei matrimoni
fin qui celebrati. Nella moda, per esempio, con i vari marchi Bulgari, Loro Piana, Fendi e Gucci, tutti acquisiti dai grandi
brand del lusso francese, da Lvmh a Kering. O nel settore bancario, con Bnl e Cariparma cedute nel 2006 a Bnp e Credit Agricole per arrivare, poi, alla vendita di
Pioneer da Unicredit ad Amundi, o, nell’energia al trasferimento di Edison sotto le insegne di Edf. E ancora, nell’alimentare,
basti citare le operazioni Parmalat e Galbani, o, qualche settimana fa, la vicenda della Nuova Castelli, finita nell’orbita
di Lactalis.
I casi Lavazza e Campari
Pochi, pochissimi, invece, i casi in cui sono stati i gruppi della penisola a fare da predatori. Gli ultimi, in ordine di
tempo, risalgono al 2016: l’acquisizione di Carte Noire da parte della Lavazza per 700 milioni di euro con la Francia che è diventato il secondo mercato domestico per l’azienda
torinese e quella messa in pista da Campari per assicurarsi il famoso liquore d’Oltralpe Grand Marnier con una scalata “amichevole”. Matrimoni dalla regia italiana che hanno ulteriormente rafforzato due campioni nazionali dell’industria alimentare della
penisola, ma che restano comunque un’eccezione nella lunga storia delle operazioni celebrate tra le due sponde.
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