L’intervento di Paolo Savona nel primo incontro annuale con il mercato finanziario come presidente della Consob è stata la cronaca di un evento annunciato. Chi ne conosce bene l’esperienza di vita, a partire dal binomio con Guido Carli, economista e governatore della Banca d’Italia per 15 anni, non aveva dubbi che avrebbe colto l’occasione per intervenire a tutto campo sui temi dell’economia e della politica economica. E che l'avrebbe fatto prendendo posizioni determinate. Così è stato. E le zampate del professore hanno lanciato segnali incontrovertibili.
Un messaggio chiaro, che riguarda invece le attività di Consob, è stato nella premessa: la volontà “di rafforzare il carattere oggettivo dei processi decisionali e garantire la piena trasparenza delle sue scelte”. Parole subito seguite dall'impegno a utilizzare tutti gli strumenti resi disponibili dall'intelligenza artificiale, richiamata più volte nel discorso. Così come i giudizi positivi sull'operato del governatore della Banca d'Italia. La prima sortita del professore presidente è stata contro “giudizi negativi (sull'Italia, ndr) non di rado espressi da istituzioni sovranazionali, enti nazionali e centri privati”, definiti “prossimi a pregiudizi” perché “non tengono conto dei due pilastri che reggono la nostra economia e società: la forza competitiva delle imprese sul mercato globale e il buon livello di risparmio”.
Poi, la seconda sottolineatura, è stata la critica ai “giudizi negativi sulla solidità del debito pubblico all'interno e all'estero”, che non tengono conto a sufficienza né della forza delle imprese né dei numeri, davvero importanti, del risparmio finanziario. Un passaggio cruciale è stato sul “legame ottimale tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo” e ha creato scompiglio in platea, piuttosto preoccupata della sortita. Vale la pena riportare le parole di Savona per intero: “L'esempio del Giappone è istruttivo: se la fiducia nel paese è solida e la base del risparmio sufficiente, livelli d'indebitamento nell'ordine del 200% rispetto al Pil non contrastano con gli obiettivi economici e sociali perseguiti dalla politica”.
Altre zampate meritano attenzione: i riferimenti “all'ammontare in essere dei contratti derivati rimasto elevato sul mercato globale” (ma non per l'Italia), l'allarme per “la diffusione delle criptovalute” e il giudizio negativo sulla mancanza “di una politica fiscale comune” in Europa. Le criptovalute in particolare, secondo il presidente, devono diventare “monopolio pubblico” e non terreno di scorribande da parte “dell'iniziativa privata”, “più pronta a cogliere l'innovazione e a porre il suo dominio su di essa”. L'appello finale è stato alla necessità di “ricreare fiducia sulla solvibilità finanziaria del Paese”, che permetterebbe di reinnestare “il circolo virtuoso dello sviluppo” archiviando definitivamente “l'era del risentimento” e recuperando “l'era delle speranze”. Il tutto nel nome dello sviluppo e non dell'austerità. Considerazioni finali: argomenti che si possono o meno condividere ma certo approfonditi e chiara impronta filo governativa. La critica più diffusa? Un discorso più da ministro dell'Economia che da presidente della Consob.
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