«Il politico dell'Europa occidentale che più somiglia a Trump». Così il Washington Post presentava la visita lampo di Matteo Salvini alla Casa Bianca. Il vice premier ai giornalisti a Villa Firenze, residenza dell'ambasciatore italiano Armando Varricchio, ha confermato questa vicinanza: «L'Italia vuole essere il primo partner europeo per la più grande democrazia occidentale, non solo per interessi economici ma per una comune visione del mondo. Siamo il più credibile, più solido interlocutore degli Stati Uniti».
Salvini ha incontrato il segretario di Stato Mike Pompeo. Poi si è recato al Cimitero nazionale di Arlington per deporre una corona di fiori sulla tomba del Milite Ignoto, mano al petto, la tromba che suona Il silenzio. Nel pomeriggio è stato ricevuto dal vice presidente Mike Pence alla Casa Bianca. Per ragioni di protocollo istituzionale non era previsto l'incontro con Trump. «Sono il vice e incontro il vice», ha ribadito lui stesso. Ma è stata una indubbia investitura per un ministro degli Interni che avrebbe dovuto vedere il segretario alla Sicurezza nazionale. L'incontro con Pence è stato un riconoscimento della sua statura di leader nazionale. Per molti sorta di benedizione implicita di un futuro governo di centrodestra.
Salvini sposa a tutta linea gli Usa di Trump
In tema di politica estera il vice premier con Pompeo, nonostante le diverse sensibilità presenti nel governo gialloverde,
ha sposato in toto le posizioni americane sui dossier più delicati. L'incontro è stato «positivo, concreto, diretto», ha detto
Salvini che ha invitato Pompeo in Abruzzo, regione di origine del bisnonno, originario di Caramanico Terme. Sul Venezuela
Salvini ha ribadito il pieno sostegno al presidente incaricato Juan Guaidò: «Se fosse stato per me il riconoscimento ci sarebbe
già stato». Stesso discorso sulla Libia, dove il vice premier si augura si possa trovare una soluzione pacifica che coinvolga
tutte le parti. Sulla Cina più volte il vice premier ha ripetuto la sua diffidenza nei confronti della «pre-potenza' cinese
a suon di miliardi». Non a caso si era tenuto in disparte in occasione della firma degli accordi sulla Via della seta durante
il tour di Xi Jinping in Italia. Su Huawei e le reti 5G «è in corso una riflessione”. Quando ci sono in gioco la sicurezza
nazionale e i dati degli italiani non si può scherzare».
Sul “nemico” Iran, storico partner economico dell'Italia che guarda al Mediterraneo e al Medio Oriente, il leader della Lega
concorda la visione americana e lo strappo degli accordi Onu sul nucleare: «Sono contento che l'Italia già da tempo abbia
allentato le relazioni economiche con Teheran perché continuo a dire che nel 2019 un paese che vuole cancellare l'esistenza
di un altro paese, cioè Israele, non ha diritto di parola. I venti di guerra spero non soffino. Ma questo mi sembra anche
Trump lo abbia ribadito», ha detto ancora.
Il leader della Lega Nord e del nascente gruppo di destra al Parlamento europeo Identità e democrazia ha spiegato ai dirigenti
americani il suo punto di vista sull'Europa: «Faccio parte di un governo che non si accontenta più delle briciole a Bruxelles.
Abbiamo un'idea di Europa diversa rispetto all'asse franco tedesco che ha portato a un livello di disoccupazione e precarietà
che non abbiamo mai avuto e un livello di immigrazione fuori controllo che non abbiamo mai avuto”. Ribadita la vicinanza di
Salvini alla Russia: “Sarebbe un errore strategico, non solo commerciale, ma geopolitico allontanare la Russia dall'Occidente,
lasciarla nelle braccia della potenza cinese».
L’affinità con «The Donald» sulla politica economica
Ma i punti con cui il leader della Lega si sente vicino all'amministrazione Trump sono soprattutto quelli legati all'economia.
Ha parlato di “feeling ritrovato con gli Stati Uniti”, un terreno arato che è convinto “aiuterà le imprese italiane, in particolare
nell'aerospazio, difesa, meccanica di precisione oltreché sull'agroalimentare. Sulla commessa degli F-35 ancora da saldare,
Salvini ha detto che «gli accordi sottoscritti non si possono non rispettare». I margini per la flat tax ci devono essere.
«Una forte riduzione del carico fiscale non per tutti ma per tanti dovrà essere presente nella prossima manovra. Passiamo
dalle grandi strategie qui a Washington alle piccolezze delle ‘multine' dei controllori di Bruxelles. Abbiamo visto in Grecia
come è finita. Noi contiamo di convincerli con i numeri. Con i dati. Col buon senso e con la cortesia. Altrimenti le tasse
le tagliamo lo stesso agli italiani. A Bruxelles se ne faranno una ragione».
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