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Il peso dei clan serbi, albanesi e cinesi

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Il peso dei clan serbi, albanesi e cinesi

Per finanziare le combine delle partite di calcio di Lega Pro e della serie D scendevano in campo colossi finanziari internazionali. La maggior parte di loro, però, agiva in più di uno Stato e l’Italia, dunque, era solo la tessera di un puzzle molto più ampio.

Il presunto gruppo criminale legato per la Dda di Catanzaro, in Italia, all’ex calciatore Fabio Di Lauro e ai suoi sodali – emerso dall’operazione Dirty Soccer (Calcio sporco) e che secondo quanto hanno svelato finora le indagini aveva punti di contatto con l’altro gruppo, legato a un esponente di spicco della cosca Iannazzo di Lamezia Terme – oltre ad essere attivo in ambito nazionale, avrebbe dato prova di una forte propensione per alterare eventi sportivi anche in ambito internazionale.

Le intercettazioni hanno permesso a investigatori e inquirenti di tratteggiare un sistema di “mutua assistenza”, in grado di rimpinguare le “casse” della presunta organizzazione criminale in qualunque momento e, dunque, anche in grado di fungere da camera di compensazione in caso di perdite impreviste dalle scommesse in giro per il mondo.

Il gruppo, secondo la Procura, dimostra di poter contare su un fitta rete di conoscenze, creata ad hoc, per sfruttare ogni tipo di frode sportiva, ben oltre il calcio italiano: Košarkaška liga Srbije (massima serie del basket serbo), Super league cinese (massima serie calcistica della Cina) Liga II, già Divizia B (seconda divisione del campionato di calcio rumeno), Torneo di tennis in Qatar, nonché Bov premier league maltese (massima serie calcistica di Malta).

Uno scenario del genere non poteva non contare anche su Paesi vicini nei quali appoggiare conti correnti di volta in volta utilizzabili grazie alla loro discrezione. È così che emergono alcune posizioni creditizie aperte a San Marino, Stato nel cuore dell’Italia, per incassare bonifici.

Il polmone finanziario – che serviva per corrompere calciatori, dirigenti, procuratori, presidenti e allenatori al fine di scommettere sui match taroccati e trarre utili da reinvestire – si alimentava di fondi che provenivano o transitavano da Stati vicini come la Serbia, la Slovenia e l’Albania ma anche da Paesi apparentemente lontani dalla religione calcistica italiana, come Israele e Kazakistan, senza contare le sponde che provenivano dalla Cina e in generale dall’Asia, vera e propria centrale continentale di smistamento del business delle scommesse.

Di colossi finanziari parla il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Elio Romano, che ha condotto l’indagine Dirty Soccer e questa definizione viene ripresa pari pari dal contenuto di un’intercettazione recente, del 26 marzo 2015, nel corso della quale due soggetti si riferiscono così nei confronti di un albanese, Edmond Nerjaku, indagato: «…perché come si muove lui dietro ha degli...dei colossi, dei colossi ma tu non puoi neanche immaginare e di conseguenza per quello non...basta una cosa fatta bene e noi stiamo tutti benissimo e soprattutto possiamo programmare un lavoro comune senza problemi senza...perché se c’è da far qualcosa si fa se non c’è da fare non si fa, semplice, semplicissimo senza nessuno tipo di... ».

Semplice come bere un bicchier d’acqua quando i soldi per alterare i risultati e far fruttare scommesse legali e clandestine sono senza fondo. È lo stesso soggetto albanese, precisa il pm Romano a pagina 35 del decreto di fermo, che scommette sui risultati combinati dichiarandosi il terminale «di una rete di scommettitori capaci di investire un milione di dollari sulle gare alterate dal gruppo criminale» o, ancor più precisamente specificherà il pm a pagina 41, «di una rete di soggetti portatori di illimitate risorse economiche dedicate a finanziare frodi sportive».

Secondo la ricostruzione della Dda di Catanzaro (il decreto è stato firmato dal capo della Procura Vincenzo Lombardo e dall'aggiunto Giovanni Bombardieri) il presunto gruppo criminale capitanato dall’ex calciatore Di Lauro ha «facilità a reperire risorse finanziarie» e questo gli consente di intrattenere solidi rapporti di affari con gli ulteriori membri del gruppo criminale in cui, secondo investigatori e inquirenti, milita, «dediti anche loro ad alterare incontri di calcio di compagini militanti nel campionato professionistico di Lega Pro».

Dietro questa ennesima pagina nera del calcio italiano ci sarebbero anche finanziatori maltesi, turchi e israeliani che, fiutato il business, non ci pensano due volte a farsi avanti anche se, di tanto in tanto, le cose non vanno come erano state programmate.

Guardie o ladri

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