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Dossier | N. 52 articoli L’Europa dopo il voto

Perché non è tutto oro il calo della disoccupazione in Europa e in Italia. Tempi più duri per i giovani

La notizia, arrivata nelle stesse ore in cui l’Istat annunciava un aumento congiunturale dell’occupazione dello 0,3% a marzo, è giunta da Eurostat. Che ha messo insieme i numeri relativi all’intero 2018, raccolti in oltre 300 regioni europee. Il risultato? In otto casi su dieci si registra una contrazione del tasso di disoccupazione.

Il dato fa riferimento alla popolazione di età compresa tra i 15 ed i 74 anni. I territori in azzurro sono quelli nei quali si è registrato un calo nella percentuale di disoccupati, mentre quelli in arancione hanno fatto segnare un aumento.

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Ora, la riduzione del tasso di disoccupazione è necessariamente un aspetto positivo? Non per forza. Lo è se i disoccupati si trasformano in occupati, ovviamente. Non lo è se invece diventano inoccupati. Ovvero escono dal mercato del lavoro, rinunciando del tutto a cercare un’occupazione. Quale sia il caso, i dati Eurostat non lo dicono.
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Dicono invece che in Europa c’è stato un generale calo della disoccupazione. L’eccezione principale è rappresentata dalla Turchia, che ha visto invece gli aumenti più significativi: nella parte dell’Anatolia orientale al confine con l’Iran l’incremento è stato di oltre 9 punti percentuali. Ci sono inoltre anche regioni della Francia, della Gran Bretagna e della Germania in cui la percentuale di disoccupati è cresciuta.

E l’Italia? In 15 tra regioni e province autonome il tasso di disoccupazione si è ridotto. Fanno eccezione Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Calabria, dove è rimasto invariato. Ma soprattutto Lazio, Liguria e Veneto, che hanno registrato un aumento rispettivamente di 0,5, 0,4 e 0,2 punti percentuali.

Prima di esultare, vale la pena di spostare l’attenzione ai dati relativi al solo 2018, che mostrano come la disoccupazione resti uno dei problemi più profondi del nostro Paese.

MAP 

I territori in azzurro hanno visto nel 2018 un tasso di disoccupazione inferiore alla media europea del 6,9%. Quelli in arancione, invece, hanno registrato valori superiori.

La rappresentazione geografica dei dati conferma la correlazione tra un alto tasso di disoccupazione e un elevato utilizzo dell’aglio in cucina. Nel senso che i Paesi che hanno una quota di senza lavoro più alta della media europea sono quelli che fanno parte della cosiddetta garlic belt. Ovvero Spagna, Francia, Grecia e appunto Italia. Con il Portogallo che, almeno sul piano occupazionale, questa volta fa eccezione.
Si discostano in positivo dalla media italiana Lombardia, Emilia Romagna e le regioni del Triveneto. Tutte realtà nelle quali il tasso di disoccupazione è inferiore alla media continentale. Il record positivo nella provincia autonoma di Bolzano, dove i senza lavoro nel 2018 erano il 2,9%. Quello negativo, sul piano nazionale, va alla Calabria con il 21,6%. Un quadro reso ancora più preoccupante se si concentra l’analisi sulla disoccupazione giovanile.

Una mappa che, da un punto di vista generale, non è molto diversa da quella precedente. Se non per due elementi. Il primo è il valore medio della disoccupazione giovanile, stimato da Eurostat per il 2018 al 15,2%. Il secondo è la situazione italiana: non c'è una regione che presenti una disoccupazione nella fascia 15-24 inferiore al dato europeo. Solo la provincia autonoma di Bolzano, con una disoccupazione giovanile al 9,2%, si comporta meglio del resto d'Europa.
Tutti numeri che portano all'ultimo elemento censito da Eurostat. Ovvero la disoccupazione di lungo periodo. Indicatore che misura la percentuale di disoccupati che sono tali da almeno 12 mesi. Il risultato è questo

Una problematica che nel 2018 ha riguardato il 43,2% dei disoccupati europei. In particolare, il problema si registra in Bulgaria, Romania meridionale e Germania occidentale. Quindi in Grecia e, appunto, in Italia. In Calabria, per dire, il 69,6% di chi è senza lavoro è un disoccupato di lungo termine. Ora, quanti di questi siano effettivamente disoccupati e quanti invece lavorino in nero i dati non permettono di capirlo. Ma questa è una domanda alla quale sarebbe interessante riuscire a dare una risposta.

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