Una volta era il deserto. Una lunga duna di sabbia abitata dai serpenti e abbracciata dalle mangrovie. Poi, alla fine degli Anni 60, un gruppo di investitori alla ricerca della costa perfetta per costruire una nuova Acapulco si mise a giocare con il computer e tutto cambiò. Inseriti i dati delle aree vergini dell'America Centrale, elaborate caratteristiche e potenzialità, la macchina tirò fuori un nome: Cancún. Fu così che quest'isola lunga 23 chilometri, separata dalla terraferma da due canali che collegano il mare con un ampio sistema di lagune, si trasformò in un incrocio tra Las Vegas e una New York tropicale: mega alberghi a cinque stelle, resort esclusivi, centri commerciali, 500 ristoranti, discoteche, torri panoramiche e acquari. Il computer aveva visto giusto: Cancún conserva oggi alcune delle più belle spiagge di tutto il Caribe, una teoria di baie di sabbia candida, tranquille e riparate a nord, battute dal vento e adatte al surf a est. Come Playa Tortugas, al km 6,500 del litorale, dalle acque trasparenti e poco profonde con una piattaforma da vertigini per il bungee, il salto con l'elastico. E come Playa Delfines, al km 18, dove il mare è turchese e la vista spazia su tutto il Mar dei Caraibi.
LA RIVIERA MAYA
Fuori Cancún si allunga la Costa Azzurra messicana, la Riviera Maya: 135 chilometri di costa – il mare a sinistra, la giungla a destra – e in mezzo una strada che punta decisa a sud, la carretera 307. Basta qualche chilometro per dimenticare gli alberghi stile tempio maya e la vegetazione addomesticata di Cancún e infilarsi in una rete di sentieri, nascosti dalla foresta, che portano a baie ancora selvagge, affacciate su una spettacolare barriera corallina, la seconda al mondo dopo quella australiana. Tappa d'obbligo è Playa del Carmen. La cittadina si raccoglie tutta intorno a una strada, la Quinta Avenida, che corre parallela alla spiaggia per 2 chilometri ed è gremita di negozietti e artigiani, di ristoranti e locali. E la sua atmosfera latin-chic e rilassata arriva fino alle spiagge, sia a quelle affollate e attrezzate, come Playa Mamitas, con piscina, ombrelloni, sdraio, campi da beach volley, ristorante, bar e dj che si alternano alla console, celebre anche per le sue sfilate di moda on the beach, sia a quelle più selvagge, amate dagli snorkeler e dai nudisti, come Chunzubul.
TARTARUGHE E PESCI TROPICALI
I Caraibi allo stato puro se ne stanno un po' più a sud, a Xpu-Ha e ad Akumal. La prima è una collana di sette piccole baie con il reef che si avvicina alla costa e si popola di pesci tropicali, spugne, gorgonie e pinnagialla. Ad Akumal, invece, si danno appuntamento le tartarughe che, tra aprile e ottobre, nuotano a pochi metri dalla riva e, di notte, risalgono il bagnasciuga per deporre le uova. Ripresa la 307 si scivola ancora a sud, fino alla più suggestiva spiaggia dello Yucatán: Tulum, una striscia di sabbia candida lunga 10 chilometri dove si affaccia, aggrappata a uno scuro sperone roccioso, l'unica acropoli maya sul mare. Il momento migliore per arrivarci è al tramonto, quando le rovine di El Castillo e del Tempio del Dio Discendente (la misteriosa divinità a testa in giù) si tingono d'oro alla luce dell'ultimo sole.
IL REGNO DEI FENICOTTERI ROSA
Se la Riviera Maya è colonia di turisti, gli yucatechi preferiscono i lidi dall'altro lato della penisola, affacciato sul Golfo del Messico. Come Celestún, una manciata di bianche spiagge attorno a un porticciolo di pescatori a nord di Campeche. Da qui partono le barche che s'inoltrano nell'oasi naturale di Celestún, groviglio di lagune dove l'acqua dolce si mescola a quella del mare e il cielo si colora di rosa al passaggio degli stormi di fenicotteri.
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