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Barcellona, la rivincita delle tapas

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Weekend

Barcellona, la rivincita delle tapas

Il bancone e la cucina a vista del Tickets, nuovo gastrobar e ristorante dei fratelli Adrià (foto Enrico De Santis)
Il bancone e la cucina a vista del Tickets, nuovo gastrobar e ristorante dei fratelli Adrià (foto Enrico De Santis)

«Le tapas sono parte della nostra tradizione culinaria; la crisi economica ci ha dato soltanto un motivo in più per riscoprirle e rivalutarle. E per dimostrare che si può fare alta cucina anche con piccoli piatti e piccoli prezzi. La gente poi gradisce l'aspetto ludico e informale di un pasto che si può costruire su misura e consumare seduti al bancone».

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Xavier Franco, chef stellato del Saüc di recente trasferito all'hotel Ohla, non ha dubbi: il futuro della buona cucina passa anche dai gastrobar. La città che vanta il maggior numero di stelle Michelin d'Europa si è trasformata nella capitale della gastronomia dinamica, dove il cibo si declina in mille modi e si consuma nei più diversi contesti. Al proliferare dei bar à tapas d'autore, si aggiungono i fast food firmati, i bistrot in versione catalana, i banchetti dei mercati alimentari con menu da gourmet e i locali dove si va per colazione, pranzo e cena, ma anche per fare la spesa. «Lasciata la vecchia sede – appena 28 metri quadri di cucina e una manciata di tavoli all'Eixample – ci siamo fatti in quattro», racconta Franco, «e ora gestiamo tutta la ristorazione dell'Ohla: il nuovo Saüc al primo piano, il Gastrobar accanto alla lobby, il Boutique Bar per aperitivi accompagnati da stuzzichini e la Terraza Chill-Out, versione estiva del bar. La differenza? Ambiente (più classico e formale al ristorante, semplice al bar dove si può mangiare anche al bancone), porzioni che sono meno abbondanti in versione tapas e i prezzi: all'Ohla Gastrobar si cena con 25-30 euro». Quel che non è cambiato è la filosofia culinaria di Xavier Franco: alcuni piatti sono una rielaborazione della gastronomia catalana, altri sono creativi ma con qualche riferimento alla tradizione. In tutti, gli ingredienti – selezionati con grande cura e spesso acquistati dal produttore – sono facilmente riconoscibili, i sapori invece sono sempre una sorpresa. Come nel caso del pomodoro cuore di bue, messo sottovuoto con olio, sale e pepe in modo che sembri cotto, conservando però il gusto del pomodoro crudo, servito con salsa di fragole, aceto erbe e fiori. O l'uovo cotto a 62 gradi che rimane liquido all'interno ed è accompagnato da ceci, erbe aromatiche e sanguinaccio. O ancora il piatto che è considerato quasi un classico: tartare di anguilla affumicata, mela verde e caviale d'aringa.

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TAPAS FIRMATE ADRIÀ
Chiuso definitivamente elBulli, che si trasformerà in una sorta di accademia gastronomica, anche il più celebre degli chef barcellonesi, Ferran Adrià, ha aperto, assieme al fratello Albert e alla famiglia Iglesias (conosciuta per il ristorante Rías de Galicia, dove si mangiano i migliori frutti di mare di Barcellona), un bar à tapas, il Tickets, che, in meno di un anno di vita, ha ospitato oltre un milione di clienti. Giovane, divertente, coloratissimo (ma con un buttafuori all'ingresso che controlla se si è in lista: le prenotazioni si fanno soltanto via Internet e bisogna prepararsi a mesi d'attesa), il locale ha lunghi banconi che corrono intorno a cinque aree tematiche ciascuna dedicata a un cibo, dal pesce ai dolci, dalle bevande al pane con il pomodoro. La zona più singolare è Nostromo riservata al xuxis, bocados da mangiare con le mani tra cui figurano alcuni dei piatti più fantasiosi come le alici marinate servite con gelatina di consommé di pomodoro e i ravioli liquidi di formaggio Payoyo. Da assaggiare il piatto-bandiera del locale: il pescaíto frito, un mix di calamari, baccalà e polpo condito con polvere di alghe galiziane e servito in un cono di carta come i fish & chips. Uno stretto corridoio collega il Tickets al 41° Experience, locale con appena sedici coperti dove un menu con 41 portate, firmate Albert Adrià, ricorda un po' quello di elBulli: assaggini per viaggiare dalla Thailandia al Messico, cocktail solidi, piccoli piatti che sono un omaggio ai grandi chef e sorprendenti combinazioni di sapori come i profiteroles al ribes nero ripieni di yogurt aromatizzato all'atsina.

CUCINA CATALANA, TRA CREATIVITÀ E TRADIZIONE
Tapas griffate anche al Petit Comitè dove lo chef Fermí Puig ha creato un menu tutto incentrato sui piatti storici della cucina catalana. Qualche esempio? Il trinxat, a base di cavolo, patate e pancetta, i Canelones amb bechamel de tòfona, cannelloni con besciamella tartufata, l'insalata con pomodoro e cipolla di Figueras e dolci come mel i mató, il formaggio con il miele. Le porzioni sono piccole perché l'idea è di gustarle come tante tapas. E, se si sceglie il menu veloce (barra express), anche i prezzi sono piccoli: 18 euro per un pranzo.

La tradizione catalana si fonde a suggestioni orientali alla tavola di Alex Suñé, chef del Mil921, piccolo ristorante ricavato da un'ex tintoria in carrer Casanova con pochi tavoli dagli arredi essenziali ed eleganti (un paio sono di fronte alla cucina a vista). Attentissimo agli ingredienti di stagione – il suo menu cambia in base a quello che offre il mercato –, Alex ama esaltarne la freschezza con ricette semplici e antiche rese personali da incursioni nella gastronomia giapponese «che con quella catalana ha molto in comune», assicura, «dalla passione per il pesce al gusto di mescolarlo con la carne, dai metodi di cottura alla commistione tra dolce e salato». Suggestioni che si ritrovano nei suoi piatti come il sashimi di salmone norvegese con asparagi verdi, porcini e salsa giapponese; il baccalà arrosto con purè di mela, cipolla e patate accompagnato da crema di granchio o il maialino di Segovia cotto in forno per 12 ore servito con patate, cipolla caramellizzata e soia dolce.

Sempre nel quartiere dell'Eixample c'è il Mut, ormai un classico della scena gastronomica cittadina tanto che trovare un tavolo senza aver prenotato è quasi impossibile. Più che a un bar à tapas spagnolo il Mut fa pensare a un bistrot francese con il bancone zincato, il menu scritto sulla lavagna e le bottiglie di vino che tappezzano le pareti. La carta, opera dello chef Albert Mendiola, si allarga e si restringe in base agli ingredienti disponibili (rigorosamente freschissimi) e può comprendere dalle 20 alle 50 portate. Un trionfo di acciughe marinate, polpo alla brace con patate, seppie e calamari aromatizzati alla menta, tartare di tonno, espardenyes (i cetrioli di mare), botifarra (tipica salsiccia catalana) e sontuosi piatti come i gamberi affumicati serviti con vongole della Galizia, il carpaccio di uova fritte, o il filetto in riduzione di Porto e foie gras. E sontuosa è anche la carta dei vini: 500 etichette di tutto il mondo di cui una ventina ogni giorno servite al bicchiere.

VINI DOC E PRODOTTI BIO
Ma il tempio del vino di Barcellona sta al numero 249 di carrer Disputació. Considerata dalla rivista americana Food& Wine una delle cinque migliori enoteche del mondo, Monvínic è allo stesso tempo un bar à vin, un ristorante (con una zona dedicata alle tapas), un centro di documentazione sul vino, un'enoteca per degustazioni guidate e un negozio di vini. Sei sommelier, ciascuno specializzato in un'area del globo, gestiscono una carta che conta oltre 4000 etichette, di cui 40 servite al bicchiere che si rinnovano di continuo anche in una stessa serata. E la medesima cura viene riservata al cibo. «Puntiamo su prodotti biologici, in buona parte a chilometro zero, con un'attenzione a quelli che sono diventati quasi una rarità come la cipolla Coll de Nargò dei Pirenei, Presidio Slow Food», dice lo chef Sergi de Meià. La lista dei suoi piatti è sempre in divenire, tanto che il menu del Monvínic non è cartaceo ma viene proiettato sulle pareti del locale e aggiornato in tempo reale. Da poco la celebre enoteca ha aperto un suo fast food, Fastvínic. A una prima occhiata sembra come tutti i locali delle catene prêt à manger, ma basta poco per accorgersi della differenza: qui tutto è all'insegna dell'ecosostenibilità, dal sistema energetico a coperti, piatti e bicchieri (in plastica di mais e di patate), alla raccolta differenziata dei rifiuti. La vera sorpresa però è il menu dove ogni piatto è fotografato e ciascun ingrediente è contrassegnato da lettere che rimandano a una cartina della Catalogna dove è indicata la zona di provenienza e il produttore. E per accompagnare bocadillos e insalate, vino al bicchiere scelto tra 24 etichette tutte catalane Doc.

TRA PICNIC STORE E TAPERIA
L'insegna recita Cornelia and Co. The Daily Picnic Store, ed è una vera e propria dichiarazione d'intenti. «Volevo creare un luogo simile alla piazza del mercato, aperto a qualunque ora, dove il cibo si può consumare, comprare ma anche usare soltanto come un pretesto per incontrarsi», spiega la proprietaria Carla Tarruella che per il progetto si è ispirata alla catena newyorkese Dean & Deluca. Il risultato è un grande open space con le colonne di metallo e il soffitto a onde che richiamano i mercati coperti di Barcellona e al tempo stesso ricordano i loft della Grande Mela, un po' bar e un po' panetteria, un po' boutique di delikatessen e un po' salotto di casa. Dove si arriva per prendere un caffè e ci si ferma a cena, dove i piatti si scelgono dal menu mentre il vino si può prendere direttamente dagli scaffali, dove si può ordinare un pasto takeaway o fare la spesa. Altrettanto camaleontica Lolita Taperia (l'ex Inopia), bar, ristorante e bistrot e, di sabato a mezzogiorno, vermuteria. Si mangia al bancone, che corre lungo le pareti di tutto il locale, mentre l'unico grande tavolo è riservato ai gruppi. La specialità? Tapas, naturalmente: dalle classiche come le alici appena piccanti, croquette di funghi, patatas bravas, carciofi fritti, alle più raffinate come il tonno in escabeche, le melanzane condite con salsa di zucchero di canna, o la bomba dell'Eixample (una polpetta di patata ripiena di carne con salsa piccante). E poi, da mezzanotte, Lolita si trasforma in cockteleria con dj-set e musica dal vivo.

15 febbraio 2012

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