A Capri bisognerebbe fermarsi la notte, specie d'estate, per scoprire il volto dell'isola quando tramonta il sole, parte l'ultimo traghetto e i residenti escono finalmente dalle case dove si sono autoreclusi dalle nove del mattino, dopo aver trangugiato frettolosamente un caffè e una pastarella alla pasticceria Alberto di via Roma (che i turisti non notano), afferrato la mazzetta dei giornali (rito sacro anche in epoca di iPad) e comprato qualche farcitura per le focaccine da portare in barca, gesto peraltro parecchio difficile da compiere da quando ha chiuso anche uno degli ultimi salumai nei pressi della piazzetta, Ferraro, per far spazio all'ennesima boutique di vestituzzi privi di interesse. Autoctoni e villeggianti di lunga data riprendono possesso delle strade e del passeggio a gruppetti, lentamente, superando l'attimo di smarrimento dei reclusi spinti all'improvviso oltre la cancellata del penitenziario, liberi.
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Li si riconosce dalle suole piatte, in contrasto con le zeppe alte e i ridicoli tacchi a spillo delle russe. Fanno una passeggiata fino a Punta Tragara, spettacolare al tramonto, o si fermano per due chiacchiere con Ausilia Veneruso e Riccardo Esposito, editori di gusto e proprietari dell'ultima libreria e associazione culturale dell'isola, La Conchiglia (vai al sito). Via Camerelle 18 è l'indirizzo più frequentato, via Orlandi 205, ad Anacapri, la succursale per iniziati. Le loro pubblicazioni, gradevolissime anche per la rilegatura e i colori isolani delle copertine, arancio, rosa carico, turchese, verde pistacchio, raccolgono da decenni quanto di più seducente, fascinoso e colto sia stato scritto sull'isola. Tra gli ultimi titoli c'è L'isola che cambia. Capri in fotografia tra passato e presente: 310 pagine di suggestioni in bianco e nero. A Capri si ha sempre l'impressione di vedere qualcosa di speciale per l'ultima volta e qualche cosa di banale per sempre. È il motivo per cui ogni novità di cui valga la pena prendere nota passa di bocca in bocca con aria cospiratoria, e il poco di tradizione rimasta è difeso con l'unica arma possibile: il silenzio. Un caso per tutti: i sandali. I famosi infradito capresi griffati Canfora (vai al sito) di cui, da Washington a Shanghai, si conosce la leggenda per aver visto riprodotta (vogliamo dire tremila volte?) la foto di Jackie, ancora Kennedy, che se li prova nel 1962. Ergo, li portiamo identici da cinquant'anni, anzi no, visto che l'ultima volta in cui sono entrata, indossandone un paio oggettivamente ventennali e senza più trovare un modello altrettanto sobrio, mi hanno chiesto di fotografarli per poterli produrre di nuovo. Buona qualità ma archivio deficitario, peccato. In più sono spropositatamente cari, ragion per cui vale la pena di esplorare il corner sandali su misura del concept store Mariorita (via Capodimonte 2, Anacapri, tel. 0818373659), proprio di fronte al Capri Palace. Sono bellissimi, in modelli non scontati ma neanche carichi di paccottiglia e senza il fantasma di Jackie cui rendere conto. Un discreto problema anche farsi cucire dei pantaloni capri in cotone o in shantung su misura, come usava ai tempi in cui quel che si indossava sull'isola era tanto unico da diventare nome comune. Capri pants male o bene imitati si trovano ovunque: volendo scegliere quelli rétro sulla scia di un'altra icona, Audrey Hepburn, l'unica è entrare a La Parisienne (vai al sito), più che centenaria boutique multimarca sulla piazzetta. Gli Adrian's, dalla griffe di fantasia lanciata negli Anni 60, si possono anche ordinare su misura.
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Ogni estate, da qualche anno a questa parte, le vetrine di Gucci in via Camerelle espongono una collezione a tiratura limitata: quest'anno, mi segnalano, la tote riservata all'isola è in lino con profili in pelle acquamarina. La scritta Capri è evidente: più che un'evocazione o un souvenir, una sorta di marchio di fidelizzazione esoterica, come la conchiglia dei pellegrini a Santiago de Compostela. Altro che valga la pena non c'è. Qualche utile avvertenza: evitate di ordinare la pezzogna (il "besugo" del Gabibbo, insomma il pagello o occhialone), a meno che non siate sicurissimi del ristorante dove vi trovate: quasi sempre è sbarcata fresca fresca dall'Australia. Buonissima, invece, la zuppa di piselli e gli scialatielli ai frutti di mare della Capannina, aperta nel 1931 (via Le Botteghe 12 bis, tel. 0818370732, da 85 euro, vai al sito). L'unica deriva kitsch divertente possibile è la foto lungo la discesa verso il Quisisana. Non deve scattarla chiunque, però, e tantomeno i paparazzi improvvisati che costellano le stradine: una buona organizzazione prevede un passaggio da Foto Rosso (via Camerelle 31, tel. 0818377477), e la richiesta dei servigi di Gaetano. Ultima scelta difficile: la notte. Poche camere, come nell'hotel originario a Firenze, ma vista eccezionale sul mare, il JK Place (via Provinciale Marina Grande 225, tel. 0818384001, doppia da 200 euro, vai al sito) è un'ex villa fine Ottocento trasformata in boutique hotel da Ori Kafri. Senza lesinare sulle opere d'arte e sui libri da portare in piscina o in terrazza.
4 settembre 2012
In Costiera, sulle tracce del nobile eremita
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