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E-commerce: la pandemia attiva le PMI ma solo il 9% lo usa

La vendita online copre oggi meno del 10% dei ricavi delle piccole e medie imprese con e-commerce, ma è in aumento. Forte l’attenzione alla sostenibilità del packaging: il 30% già usa imballaggi green.
Moda, tecnologia e Nord Est all’avanguardia.

E-commerce, questo sconosciuto. Appena il 9% delle piccole e medie imprese italiane utilizza oggi le piattaforme digitali per vendere i propri prodotti. Ci sono settori in cui il ricorso al commercio elettronico è maggiore come l’agroalimentare (19%), la moda (16%), la chimica e la farmaceutica (16%) ma il quadro restituito dal Market Watch PMI realizzato da Banca Ifis non è ancora incoraggiante nonostante una certa dinamicità verificata nel corso dell’ultimo anno.

Una spinta al ricorso alle vendite sul canale online è arrivata infatti dalla pandemia: il 26% di chi lo utilizza lo ha adottato negli ultimi 12 mesi, individuandolo come uno strumento per poter continuare nella propria attività mentre le misure di contenimento dei contagi impedivano l’apertura di uno store fisico. Più in generale, l’e-commerce resta un’innovazione recente nel quadro delle attività delle PMI italiane: basti pensare che il 43% lo ha introdotto come servizio solo dopo il 2017. Questo significa che, tra quelle che utilizzano il commercio digitale, meno di una su tre lo fa da almeno cinque anni.

La decisione di aprire una piattaforma di vendita digitale viene motivata nel 57% dei casi dalla volontà di diversificare i canali di acquisto, un argomento utilizzato soprattutto dalle aziende che operano nella moda, nella tecnologia e da quelle attive nel Nord Est. La seconda ragione che spinge in questa direzione è quella di rispondere a una richiesta del mercato (53%), un’istanza che si registra maggiormente nella chimica-farmaceutica, nella logistica, nella meccanica e nella manifattura.

Il 39% delle PMI che ha attivato un canale di vendita digitale ha investito sulla formazione di risorse già interne all’azienda per gestirlo, una su cinque ha invece assunto personale ad hoc. Mentre l’85% si è rivolta ad operatori specializzati per la gestione della logistica. Il 39% ha scelto poi di affiancare a un proprio applicativo anche un marketplace esterno: nel 64% dei casi si tratta di Amazon, nel 22% di Alibaba.

Importante anche la sostenibilità ambientale, segnalata dal 63% delle PMI come un punto di attenzione. Per rispondere a questa esigenza, il 36% delle aziende ha ridotto la quantità di materiali impiegati destinati all’imballaggio, il 30% ha scelto packaging riciclati o riciclabili.

I ricavi dell’e-commerce valgono oggi circa il 9% del fatturato complessivo di una PMI, un dato che per 6 imprese su 10 è in aumento rispetto a quello generato nel 2019. Il 75% dei ricavi proviene dal mercato domestico e, elemento interessante, il 32% da clienti business, a conferma del fatto che il commercio digitale può essere interessante anche in ottica B2B.

Quali sono le difficoltà che hanno superato le aziende che investono sull’e-commerce?

Due su tre lamentano problematiche legate all’aggiornamento dei sistemi informativi e della dotazione tecnologica. Per il 45% le difficoltà nascono dalla gestione del magazzino, il 42% fatica a formare il personale demandato a occuparsi del servizio, il 38% segnala problematiche nella certificazione della sicurezza dei pagamenti on line.

Questioni con le quali si troverà a confrontarsi anche quel 35% di piccole e medie imprese che ha affermato di valutare l’apertura di una piattaforma di e-commerce entro i prossimi 12 mesi; tra queste il 6% ne reputa altamente probabile l’adozione entro il 2022. A queste si aggiunge un 2% di imprese che sta già lavorando allo sviluppo di un canale di vendita digitale.

A frenare le PMI c’è tuttavia un’evidenza: ben l’80% non ritiene la vendita online il canale adatto per la propria offerta di prodotto. Costituiscono un ostacolo anche le difficoltà logistiche (15%), i costi di implementazione elevati (9%) e la mancanza di competenze interne all’azienda (8%).

A spingere verso l’e-commerce, di contro, ci sono la volontà di diversificare i canali di vendita (60%) e la necessità di andare incontro a specifiche richieste da parte della clientela (58%). Ma il 29% delle aziende che sta valutando di adottare il commercio digitale ha spiegato che la ragione è: rendere più semplice l’attività di vendita a clienti esteri.

Un esempio di azienda che ha attivato un canale di e-commerce proprio per venire incontro ad esigenze di mercato è la Beltrami Linen s.r.l, impresa nata negli anni ’60, specializzata nella produzione di tessili nel segmento luxury. Sono stati i clienti degli hotel che utilizzavano i prodotti dell’azienda a chiedere ai concierge dove effettuarne l’acquisto. Ne è nata l’idea di una boutique digitale che ha permesso alla Beltrami di estendere il proprio mercato dal tradizionale segmento B2B al B2C.

Il lancio di una collezione di maglieria nel particolare tessuto Fibra di Legno è stato invece occasione per l’azienda di attivare una partnership con Mirta.com per la gestione di un ulteriore spazio di vendita digitale, dedicato esclusivamente a questo segmento della produzione. “Durante i primi due anni il canale ha raggiunto il breakeven. La quasi totalità dei clienti sono esteri e il fatturato proveniente dall’e-commerce è in costante crescita” spiega la Ceo Cinzia Imberti. Questo nonostante la pandemia: se infatti il 2020 è stato un anno difficile per il turismo, “il nostro canale online ha aumentato di circa il 5% il traffico”. Segno che il digitale ha permesso ad alcune attività economiche di continuare a operare pur nelle difficoltà dell’emergenza Covid.


Il report

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WP_BancaIfis_04-Aprile2021

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