L’Indonesia sta progressivamente aprendo il proprio mercato agli investimenti esteri modificando la propria negative list, che elenca i settori nei quali la partecipazione di capitale estero (per esempio alcool e bevande alcoliche) è esclusa o limitata (qui l’elenco aggiornato) . L’11 febbraio, il Governo ha annunciato che saranno alzati i limiti alla partecipazione di capitale estero in 49 settori, molti dei quali saranno cancellati dall’elenco. Diventerà così possibile detenere il 100% delle quote, e quindi operare senza soci locali, in comparti come la catena del freddo, gomma riciclata, centri sportivi, ristoranti, materie prime per medicinali, autostrade a pedaggio, apparecchiature per telecomunicazioni, gestione dei rifiuti non tossici. In altri settori, come la logistica, il tetto alla partecipazione resta, ma sarà alzato fino a consentire di detenere quote di maggioranza. Nei settori economici in cui le piccole e medie imprese indonesiane sono prevalenti, gli investitori esteri possono entrare solo attraverso partecipazioni. L’accesso è vietato in 19 settori per investimenti di importo inferiore a 10 miliardi di rupie (743mila dollari). I marketplace online saranno aperti solo a investimenti superiori alle 100mila rupie.
L’obiettivo finale è dividere l’intera economia in tre categorie: i settori aperti al 100% al capitale estero, quelli aperti al 67% e quelli al 49%.
Gli sgravi per chi investe
In Indonesia, l’aliquota ordinaria dell’imposta sui redditi d’impresa è al 25%. Per le filiali estere scende al 20%. Sgravi fiscali sono previsti per gli investimenti effettuati nelle Zone economiche speciali (Zes) e nelle Free trade area, per lo più istituite fuori dall’isola di Java.
Tra le agevolazioni offerte dalle Zes c’è la deduzione dal reddito del 30% degli investimenti e l’esenzione dall’imposta sul reddito d’impresa per un periodo di 5-10 anni dall’avvio della produzione commerciale. Di seguito, aliquota scontata del 50% per i successivi due anni. Esenzione Iva sui beni importati o esportati dalla Zes. Esenzione dalle tariffe all’import di macchinari, beni e materiali per la produzione per due anni. Procedure semplificate per ottenere di diritti all’utilizzo dei terreni. Facilitazioni sulla concessione dei visti.
Stabilire un’attività
Due sono le vie per stabilire un’attività in Indonesia: una società d’investimento a responsabilità limitata, oppure un ufficio di rappresentanza.
Stabilire una società d’investimento estero costa in media 3.500 dollari e richiede 10 settimane. E’ indicata per imprese che vogliano svolgere attività commerciali. Il capitale estero può arrivare fino al 100% del totale a seconda del settore di attività. Il capitale minimo richiesto è di 10 miliardi di rupie (il capitale finanziato deve essere almeno il 25% dell’investimento pianificato).
Stabilire un ufficio di rappresentanza è più economico (circa 2mila dollari) e richiede sei settimane di tempo, ma questa soluzione può essere scelta solo per effettuare ricerche di mercato, per esplorare le opportunità di business per la propria azienda e per effettuare attività di rappresentanza. Non è possibile esercitare attività di vendita diretta. Non ci sono limitazioni al capitale estero, né requisiti minimi di capitalizzazione. L’autorizzazione all’attività scade dopo 3 anni, prorogabili a 5.
Se si decide di aprire un’attività occorre rivolgersi all’Indonesia Investment Coordinating Board (Bkpm). L’Agenzia ha di recente migliorato i propri servizi e attivato uno sportello unico per concentrare le pratiche e ridurre I tempi. Tuttavia, molti investitori esteri preferiscono affidarsi a società locali specializzate. Anziché impiantare un’etità da zero, è possibile acquisirne una già esistente.
Le relazioni con l’Italia
L’interscambio commerciale è basato soprattutto sull’importazione da parte dell’Italia di materie prime (olio di palma e carbone) e sull’esportazione di beni strumentali (macchine utensili, macchinari per impieghi generali e speciali).
Secondo l’Ice, le opportunità d’investimento e commerciali che appaiono più promettenti sono attualmente nei settori dell’agroalimentare, delle calzature, del packaging, del biomedicale, del tessile, delle costruzioni/abitativo, marittimo, cantieristico e radaristico. Nel Pese sono già attive 40-50 aziende italiane.
I settori di maggiore interesse per le imprese italiane sono le costruzioni (per la rapida urbanizzazione e per lo sviluppo delle infrastrutture), i macchinari (soprattutto nell’automotive, alimentare e packaging, tessile, calzaturiero e le lavorazioni di marmo e legname), l’agroalimentare e la pesca, acqua, reti fognarie, trattamento rifiuti e risanamento ambientale.
Tra l’8 e il 10 novembre 2015 si è svolta la visita di Stato del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la prima di un Capo dello Stato italiano in Indonesia.
L’Indonesia e la Ue hanno avviato nel 2011 i lavori preparatori per un trattato bilaterale di libero scambio. Di recente, Jakarta ha inserito l’accordo tra le proprie priorità, con l’obiettivo di arrivare alla sigla entro il 2017. Dopodiché avvierà le trattative per aderire alla Trans-pacific partnership. Il Governo teme di vedere i grandi investitori lasciare l’Indonesia per spostarsi in Paesi come il Vietnam, che è già nel Tpp e ha appena siglato un Fta con la Ue e quindi offre una base privilegiata per esportare in Europa e negli Stati Uniti.