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RAPPORTO PAESE | Serbia

Vucic l’uomo forte che vuole cambiare la Serbia

Prosegue la rincorsa di Belgrado all’Unione e il futuro del Paese si gioca di nuovo sul Kosovo

La rincorsa verso l’Europa, verso l’economia dei Paesi occidentali, verso un’adesione all’Unione che chiuderebbe definitivamente i conti con le guerre dei Balcani. È questa rincorsa che la Serbia sta tentando da anni, con alterni risultati e moltissime difficoltà. Ma qualcosa sta cambiando, l’energia delle nuove generazioni, la forza di una nuova classe dirigente, discutibile sotto molti aspetti ma certo decisa a portare le istituzioni, l’economia in una nuova fase. Mentre Belgrado si gioca gran parte del suo futuro ancora sui rapporti con il Kosovo. Le elezioni anticipate dello scorso 24 aprile hanno creato qualche tensione nel Paese ma non hanno modificato gli equilibri della politica serba: a guidare il nuovo governo - che dovrebbe essere formato all’inizio di giugno - sarà ancora Aleksandar Vucic, leader del Partito del progresso serbo.

Vucic, il premier che ha promesso di rinnovare il Paese
La commissione elettorale a Belgrado ha diffuso pochi giorni fa i risultati finali ufficiali che tengono conto della ripetizione del voto avvenuta in 15 seggi dove si erano registrate irregolarità. I conservatori del Partito del progresso serbo del premier Vucic hanno ottenuto il 48,25% dei voti, pari a 131 dei 250 seggi del Parlamento unicamerale serbo. In leggero calo il Partito socialista, alleato di Vucic, che ha raggiunto il 10,95% conquistando 29 seggi. Sono entrati in Parlamento anche due formazioni di estrema destra e pro-Russia: il Partito radicale dell’ultranazionalista Vojislav Seselj con l’8% e 22 seggi; e il movimento estremista Dveri con il 5% e 13 deputati.
Vucic - premier negli ultimi due anni dopo essere stato decisivo anche nel precedente esecutivo a guida socialista - è cresciuto politicamente al fianco di leader come Vojislav Seselj e Slobodan Milosevic, colpevoli delle atrocità nelle guerre balcaniche degli anni Novanta, ma ha rinnegato il suo passato mettendo da parte il nazionalismo e aprendo con decisione all’Unione europea. Durissima la sua risposta alle manifestazioni delle opposizioni che lo accusavano di brogli nelle operazioni di voto. «Non consentirò a nessuno - ha detto - di far precipitare la Serbia nel caos per interessi personali meschini ed egoistici». Il leader conservatore ha poi aggiunto che «la risposta a tutte le manifestazioni di odio e disprezzo sarà aprire nuove fabbriche, ristrutturare scuole e ospedali, far crescere il Pil e aumentare salari e pensioni entro la fine dell’anno».

Sui rapporti con il Kosovo si gioca il futuro serbo
«La Serbia, per entrare nella Ue, dovrà prima riconoscere il Kosovo». Lo ha detto Ulrike Lunacek, vicepresidente dell’Europarlamento dove è relatrice per il Kosovo. «Non sono una nemica della Serbia, ma sono certa che la Serbia non aderirà all’Unione europea senza riconoscere il Kosovo», ha detto l’esponente Verde austriaca. E ciò, ha spiegato, non per posizioni preconcette, ma «per l’esperienza che l’Unione europea ha acquisito con la vicenda di Cipro». Lunacek ha ammesso di essere uno dei pochi esponenti di alto rango della Ue a «insistere sul riconoscimento del Kosovo come condizione per l’ingresso della Serbia nell’Unione», nonostante il sì all’indipendenza di Pristina non sia richiesto formalmente dall’Unione né sia contenuto in nessuno dei capitoli negoziali con Belgrado. Non tutti i Paesi che fanno parte dell’Unione del resto, intendono riconoscere il Kosovo come Stato indipendente. È il caso ad esempio della spagna che teme si possa creare un precedente per la secessione della Catalogna. L’importanza del sostegno dell’Italia al processo di integrazione europea della Serbia è stata invece sottolineata dall’attuale ministro degli Esteri serbo, il socialista Ivica Dacic.

La priorità per il nuovo governo sarà ancora l’economia
La Serbia si sta riprendendo a fatica dalla recessione che nel 2009 ha interrotto un percorso di crescita che sembrava ormai avviato. Quella serba sembra un’economia incapace di crescere che ha bisogno di interventi molto profondi. E la ricostruzione dell’economia serba dovrà passare dalle privatizzazioni. Il governo di Belgrado, nel suo processo di avvicinamento all’Unione europea, ma anche nel tentativo di ottenere nuovi finanziamenti da parte della Banca mondiale o dal Fondo monetario internazionale, dopo i contrasti degli anni scorsi, non può che ribadire l’impegno a rinnovare un sistema ancora fortemente legato all’agricoltura e controllato in larga parte dallo Stato. Per avere la forza di cambiare la Serbia Vucic per la seconda volta ha scelto di ricorrere alle elezioni anticipate. Ma per la seconda volta pur garantendo la formazione di un solido governo, gli elettori non hanno dato alla maggioranza la vittoria che lo stesso Vucic sperava. E ora per i conservatori-liberali c’è anche la destra da tenere sotto controllo.

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