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Ue: effetto Sarkozy su conti pubblici e difesa imprese nazionali

di Antonio Pollio Salimbeni

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29 giugno 2007

Non è tardato a manifestarsi l'effetto Sarkozy sugli affari economici europei. Al netto dei rischi conseguenti a tutte le mode, ci sono vari segnali che indicano come non ci si trovi a una nouvelle vague destinata a smorzarsi nello spazio di qualche mese. Nelle ultime settimane ce ne sono stati sicuramente due: il primo riguarda l'Italia, il secondo la Francia (seguito in Germania con molta attenzione).

Cominciamo dall'Italia. Il nuovo Dpef fa propria anticipandola la strategia solo vagamente annunciata dal nuovo esecutivo francese. A urne ancora calde a Parigi era stata subito ipotizzata una "pausa" nel risanamento del deficit per finanziare uno choc
positivo alla crescita. Nello schema italiano la pausa (temporanea) è chiaramente indicata: la riduzione del deficit strutturale (cioè al netto delle misure una tantum e temporanee) sarebbe pari allo 0,6% del prodotto lordo quest'anno, allo 0,1% nel 2008, allo 0,7% nel 2009 e allo 0,8% sia nel 2010 che nel 2011. La media aritmetica è un taglio di 0,6% del pil all'anno, ma non è questa l'indicazione né la logica del patto di stabilità e dell'Eurogruppo, che soltanto due mesi fa ha bocciato le politiche pro-cicliche (espansive quando l'economia riparte, restrittive quando rallenta), chiesto un taglio annuo del deficit strutturale dello 0,5% del pil, una "accelerazione" della riduzione del disavanzo e del debito, il pareggio di bilancio entro il 2010.

E' ragionevole immaginare che nella scia italiana si inserirà comodamente il presidente francese Sarkozy quando l'8 luglio spiegherà ai ministri delle finanze riuniti a Bruxelles le novità delle sue strategie per rafforzare l'eurozona con un nuovo attivismo economico e «una vera politica industriale europea né opposta né subordinata alla politica di concorrenza ma fondata sul principio di un interesse comune».
Senza contare che l'ormai virtuosissima Germania ha sì aggiustato il bilancio pubblico con un anno di anticipo, prevede il bilancio in pareggio nel 2010, ma con ogni probabilità non ridurrà il deficit strutturale nel 2008 dello 0,5%. Con buonapace degli impegni contabili del patto di stabilità.

E veniamo alla Francia. In concomitanza con il declassamento politico dell'obiettivo della concorrenza «libera e non distorta» in Europa, su richiesta di Sarkozy trasferito dalla parte nobile del futuro Trattato a un protocollo, al Senato è stata aperta la battaglia in "difesa" dei centri di decisione delle imprese. In un rapporto si chiede di
estendere la pratica delle azioni con diritto di voto multiplo, di riconoscere giuridicamente e non solo per il fisco i gruppi di società, di rafforzare la partecipazione dei salariati ai consigli di amministrazione. Obiettivo: evitare che i centri di decisione delle imprese siano delocalizzati in seguito a scalate dall'estero.

Nonostante la Francia sia il secondo paese europeo (dopo il Regno Unito) nel quale è stabilito il maggior numero di centri di decisione delle duemila imprese mondiali più grandi), a Parigi si ritiene che almeno 24 delle 120 società del listino di Borsa SBF 120 siano «vulnerabili a un'Opa a causa dell'eccesso di azionariato flottante, di un livello sostenuto di rotazione del capitale, di protezioni giuridiche deboli».
L'indicazione è: difendiamoci prima che sia troppo tardi. Tanto per dire il clima, così l'ex patron di Psa Peugeot-Citroen Jacques Calvet ha commentato l'acquisto da parte cinese di una quota di capitale nel gruppo ‘private equity' americano Blackstone: di questo passo presto "Pechino potrà lanciare un'Opa sulla regina di Inghilterra per farne un governatore della provincia cinese". A Berlino seguono con molta attenzione: Blackstone detiene il 4,5% di Deutsche Telekom, mentre investitori russi sono pronti a comprare una quota.

I PRECEDENTI
Pensioni: l'Ecofin in lotta contro la disinformazione - (22/06/07)
Francia: l'Iva sociale che puo' dividere l'eurozona - (15/06/07)
Germania: cinque motivi per non rallentare le riforme - (08/06/07)
Eurogruppo: coordinamento economico alla prova - (01/06/07)
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