Le previsioni per quest'anno sulla dinamica del Pil sono state tutte significativamente ridotte (all'1% e anche meno). Ma tra l'incombente recessione Usa e una prolungata crisi dei mercati finanziari la nostra economia potrebbe non crescere affatto.
Dopo l'estate, la produzione industriale italiana ha messo in evidenza un netto arretramento: l'indice destagionalizzato è diminuito per quattro mesi consecutivi (da settembre a dicembre) e la caduta di fine anno, accentuata dal blocco dell'autotrasporto, ha determinato una brusca flessione dell'attività manifatturiera nel quarto trimestre sia nei dati congiunturali (-2,2%), così come in quelli tendenziali annui (-3,4%). Nella media del 2007 l'andamento della produzione è, dunque, tornato in crescita zero (-0,2%), a fronte della buona espansione (+2,6%) messa a segno l'anno precedente, con il picco ciclico toccato proprio a fine 2006, quando aveva temporaneamente recuperato il livello di sei anni prima. Nei mesi successivi del 2007 si è registrata una fase di assestamento, che si è via via trasformata in una nuova stagnazione, non lasciando intravedere nel breve termine una possibile inversione di tendenza. La frenata dell'industria in Italia è stata, ancora una volta, più sensibile rispetto agli altri paesi dell'area euro, dove la battuta d'arresto ha interessato sia la Germania che la Francia e la Spagna. Con i dati di novembre-dicembre, in particolare, la produzione si è riportata ai minimi degli ultimi due anni, mentre il dettaglio dei settori offre un quadro di complessiva stagnazione/recessione.
Come effetto della nuova debolezza della produzione industriale, anche il Pil sta segnando il passo tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008, con una crescita congiunturale ormai stimata intorno allo zero. La media dello scorso anno, innanzitutto, si sarebbe attestata all'1,7-1,8%, se corretta o meno per i giorni lavorativi (tre in più rispetto al 2006). Nelle previsioni d'autunno la stima era superiore di due decimali, persi con i negativi risultati del quarto trimestre, chiaramente influenzati dal caro petrolio e dal supereuro, oltre che dalla stretta nel settore del credito. Ma le conseguenze più rilevanti si avranno nel 2008, in cui la crescita del Pil è prevista in forte rallentamento, dall'1,3-1,5% in autunno all'attuale 1% o anche meno (0,6-0,8%), se dovesse farsi sentire in Europa l'incombente recessione dell'economia americana, con un sensibile calo della domanda mondiale. A pesare sulla produzione e sul Pil ci sono sia i rincari del petrolio e delle materie prime, sia la minore competitività della nostra industria legata all'apprezzamento dell'euro, in cui le imprese italiane appaiono svantaggiate rispetto a quelle degli altri paesi dell'eurozona, a causa di fattori strutturali, quali il ristagno della produttività e i maggiori costi unitari conseguenti.
Insieme agli elementi di debolezza sul versante dell'offerta, occorre inoltre tenere conto che la situazione e le prospettive della domanda sono non meno problematiche. Guardando ai prossimi mesi, il recente andamento degli indicatori di fiducia di imprese e famiglie mostra un profilo cedente destinato a protrarsi nel corso dell'anno, aumentando così i rischi di una sostanziale stagnazione nella dinamica del Pil. I consumi privati continueranno prevedibilmente a languire, a causa della modesta crescita del reddito reale disponibile, aggravata dal rialzo dell'inflazione che sottrae potere d'acquisto alla famiglie, già ridotto dall'elevata pressione fiscale. A questo si aggiunge il rincaro del petrolio e dei prodotti energetici, con i suoi negativi effetti sulla capacità di spesa dei consumatori; la sopravvalutazione del cambio dell'euro sul dollaro e le monete collegate limita, a sua volta, le esportazioni in un contesto di crescenti difficoltà per il commercio mondiale. La dinamica dei consumi si sta indebolendo, del resto, in tutte le principali economie dell'eurozona e contribuirà alla generale frenata del Pil nel corso del 2008. Il rallentamento interesserà, poi, gli investimenti delle imprese, a cominciare dal settore delle costruzioni, su cui pesano l'esaurimento della ripresa ciclica e la stretta creditizia.