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Cadbury, per Ferrero il deal vale 5 miliardi

di Carlo Festa e Marigia Mangano

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20 novembre 2009

Settimana decisiva per la Ferrero e per il gruppo americano Hershey nella guerra per la conquista della Cadbury. Le banche sono al lavoro per convincere la famiglia di Alba della bontà del progetto. Venerdì mattina si è svolto un incontro tra sindacati e azienda, il primo dopo l'annuncio di un interesse del gruppo per il colosso dolciario britannico. La direzione del personale ha confermato «che l'azienda sta valutando l'ipotesi Cadbury, anche se non c'è ancora una trattativa ufficiale in corso».

Il perimetro di attività della Cadbury che sarebbe entrato nel mirino della Ferrero (caramelle e chewing gum) potrebbe valere attorno ai 5 miliardi di euro. Ma le resistenze di Michele, tradizionalmente scettico davanti a prospettive di espansione a differenza dei figli Pietro e Giovanni, sono un ostacolo. Tuttavia altre fonti riferiscono che la spaccatura potrebbe rientrare in tempi stretti. Il tutto mentre aleggia sempre di più, in ambienti finanziari, la possibilità che Kraft ritocchi al rialzo la propria offerta per il gruppo alimentare britannico.

Nei prossimi giorni la famiglia di Alba dovrebbe incontrarsi con i propri advisor, Mediobanca (advisor principale) e Rothschild (che segue l'operazione da Londra) e con le banche che stanno cercando di acquisire un possibile ruolo nel pool dei finanziatori. Tra queste ultime ci sarebbero i maggiori istituti italiani: cioè Intesa Sanpaolo e UniCredit, che pure starebbe cercando di ritagliarsi un intervento nel caso l'offerta si concretizzasse.

In queste ore nel mondo bancario c'è grande fermento, mescolato a un po' di incredulità. In pochi, fino a solo una settimana fa, erano convinti che Ferrero – che in tanti anni di storia mai si è fatta tentare dalle acquisizioni – avrebbe alla fine accettato di considerare il dossier Cadbury. Ma ora che la società di Alba ha dato, anche se in modo molto generico, una conferma diretta della presa in visione dell'operazione, tutti starebbero cercando di essere della partita. Tutti quelli, però, che non hanno un conflitto d'interessi nel mega-deal. Questo perché gli advisor e il pool di banche che si sono impegnati a finanziare l'offerta concorrente di Kraft non potranno, per forza di cose, stare con il piede in due scarpe. Il colosso Kraft ha del resto catalizzato nel pool di finanziatori otto tra le maggiori banche commerciali del mondo, tra cui Bnp Paribas e altre. Ora, secondo le indiscrezioni, il colosso alimentare statunitense starebbe cercando di far quadrare i conti di un'offerta ritoccata al rialzo, con l'aggiunta di nuovo debito bancario.

L'offerta congiunta di Ferrero e Hershey dovrà quindi cercare altri alleati nel mondo del credito. Il gruppo di Alba, nel caso decidesse per il via libera all'offerta, dovrebbe associarsi alle maggiori banche commerciali italiane. E la stessa valutazione la starebbe facendo Hershey, che oltre a parlare con il mondo bancario, avrebbe avviato contatti anche con fondi private equity (tra i nomi che circolano c'è quello di Kkr). Una delle certezze è che i Ferrero punterebbero a mettere poco debito nell'operazione: forti di una liquidità accumulata nel tempo e presente nei vari forzieri della famiglia e del gruppo.

L'obiettivo finale sarebbe lo spezzatino della Cadbury, anche perché la famiglia Ferrero è storicamente poco incline a gestire aziende assieme ad altri soggetti. Come detto, il perimetro al quale la Ferrero sarebbe interessata potrebbe valere, secondo le indiscrezioni, circa 5 miliardi di euro. Nel caso l'operazione andasse in porto potrebbe essere dunque prevedibile un finanziamento bancario di circa la metà. Un impegno che secondo gli addetti ai lavori è assolutamente sostenibile per la famiglia. Basta scorrere i conti della Ferrero International sa, la holding capogruppo dell'impero di Alba, che ha sede in Lussemburgo. Proprio qui, negli schemi di bilancio della capoguppo, compaiono qualcosa come 2 miliardi di riserve distribuibili, a cui poi bisogna sommare un "debito verso soci", frutto di una passata ristrutturazione interna del gruppo, pari a 1,3 miliardi di euro. Questo senza contare che negli ultimi nove anni la Ferrero ha garantito alla famiglia dividendi complessivi superiori alla soglia di un miliardo. Solo nel 2006 gli azionisti hanno deliberato la distribuzione di un dividendo di 1,520 miliardi, di cui 170 milioni in pagamento subito, il resto trasformato in debito subordinato, mentre lo scorso anno la cedola è stata di 100 milioni. Gli anni più "ricchi" di dividendi, però, sono stati quelli del 2001-2002: solo nel 2001 sono stati distribuiti una prima tranche di 139 milioni di euro e una seconda di 509 milioni, mentre l'anno successivo i soci hanno incassato 300 milioni di euro. Un "tesoretto" che probabilmente è stato girato a un fondo patrimoniale di famiglia proprietario dell'intero capitale della holding di Alba, ma sull'entità giuridica a cui fanno capo tali risorse mancano dei riscontri ufficiali. Guardando, invece, i conti a livello consolidato che hanno visto nel 2008 il giro d'affari salire a 6,4 miliardi, l'utile attestarsi a 371 milioni e la cassa forte di 168 milioni, si fa notare che il margine operativo lordo è pari a 800 milioni a fronte di debiti di gruppo della stessa entità. C'è spazio, dunque, per ricorrere al debito. Sulla carta, fino a 3 miliardi. Ma probabilmente ne serviranno meno.

20 novembre 2009
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