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Funerali di stato per i sei parà, giornata di lutto nazionale

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21 settembre 2009

ROMA. È stato il giorno dell'addio, pieno di commozione, ai sei militari morti a Kabul. Avvolte nel tricolore, le bare dei sei parà - il capitano Antonio Fortunato, il sergente maggiore Roberto Valente, i caporal maggiore Massimiliano Randino, Davide Ricchiuto, Giandomenico Pistomani e Matteo Muredda - sono state allineate ai piedi dell'altare della basilica di San Paolo fuori le mura. Ai due lati, stretti in un grande abbraccio, i parenti delle vittime. I funerali solenni sono stati presieduti dall'ordinario militare, monsignor Vincenzo Pelvi. «Nessun militare caduto per il proprio dovere - ha detto monsIgnor Pelvi - é eroe da solo: lo é inscindibilmente con la sua famiglia e la sua patria». Papa Benedetto XVI si è detto «profondamente addolorato per il tragico attentato terroristico a Kabul». Il messaggio del Santo Padre, letto in chiesa, sottolinea: sia Dio a sostenere chi, nel mondo, si impegna per la pace. Grande emozione per il gesto di Martin, 7 anni, figlio del capitano Antonio Fortunato: poco dopo l'inizio della cerimonia è corso alla bara del papà, ha salutato con una carezza la foto e la bandiera italiana, ha guardato il basco amaranto appoggiato sul cuscino rosso. Poi è tornato di corsa tra le braccia della mamma.

Dopo la preghiera del paracadutista, il silenzio. Gianfranco Paglia, deputato del Pdl, rimasto ferito anni fa durante una missione di pace in Somalia, ha letto la preghiera del paracadutista. Poi le note del silenzio. Grande commozione fra i tanti parà della Folgore presenti, paracadutisti in divisa o in congedo, tutti con in testa il basco amaranto. Sono venuti da tutta Italia a rendere omaggio ai loro compagni caduti a Kabul. Tanti i giovani presenti. «Siamo qui per solidarietá, siamo fieri di essere italiani», ha detto una ragazza. «Stare qui - ha detto Simona - è per chi crede veramente nell'Italia, nella bandiera e nei valori che hanno portato i nostri eroi a Kabul e che li hanno portati a compiere il sacrificio estremo». Più passaggi delle Frecce tricolori hanno dato l'addio ai sei parà, accolti all'uscita dalla basilica da un lungo applauso, dal grido "Folgore" e dallo sventolio di tante bandiere tricolori.

Il blitz sull'altare di un uomo: «Pace subito». La cerimonia è stata disturbata dal blitz di un uomo, Antonio, che al momento dello scambio del segno di pace è riuscito a salire sull'altare maggiore della basilica, si è impossessato del microfono sull'altare e ha gridato «Pace subito, pace subito». L'uomo, di circa 60 anni, in camicia azzurra a righe bianche, zainetto rosa e ombrello verde, è stato subito portato fuori dalla sicurezza. Ha detto di essere un "messaggero di pace". Nello zainetto ha diversi volantini con preghiere e messaggi di pace. È stato assistito dal personale del 118.

I feretri, avvolti nel tricolore, trasportati a bordo di camion militari. Il corteo funebre era partito alle 9,45 dall'ospedale militare del Celio tra gli applausi della folla. I feretri sono stati trasportati a bordo di camion militari, salutati al passaggio da centinaia di persone che, nonostante la pioggia, hanno voluto portare il loro omaggio ai caduti a Kabul. C'è chi indossa una maglietta bianca con la scritta "campioni del mondo", per «rendere così omaggio a questi ragazzi. A una grande tragedia, come lo è stata quella di Nassyria».

Bandiere tricolore alle finestre e sui lampioni. Oggi è giorno di lutto nazionale. Nella città bandiere a mezz'asta, serrande abbassate, luci spente. Decine di bandiere tricolori sui balconi, tanti tricolori sui lampioni e sugli arredi urbani nell'area che circonda la basilica, per manifestare la vicinanza e la solidarietà alle forze armate dei cittadini e delle istituzioni.

Diecimila persone hanno visitato la camera ardente. Ieri sono state oltre 10mila le persone che hanno visitato la camera ardente allestita all'ospedale militare del Celio per i sei militari uccisi in Afghanistan. Una folla punteggiata da bandiere tricolori e ombrelli aperti per la pioggia ha atteso di fronte all'ospedale l'apertura della camera ardente dei sei militari uccisi in Afghanistan. Intorno alle 16 hanno iniziato a entrare per salutare i sei parà. Una lunga fila continua fino a tarda sera, fino alla fine, di cittadini venuti per dare un ultimo saluto. Tutti nella commossa convinzione che il loro gesto sia il minimo da fare per chi è morto così lontano.

Alle esequie hanno parteciparo anche i 4 militari feriti a Kabul. Alle esequie solenni hanno partecipato anche i quattro militari rimasti feriti nell'attacco: il primo maresciallo dell'Aeronautica Felice Calandriello, i primi caporalmaggiori della Folgore Rocco Leo, Sergio Agostinelli e Ferdinando Buono. Sono arrivati all'1.32 di sabato notte all'aeroporto "Leonardo da Vinci" di Fiumicino, con un volo dell'Alitalia da Abu Dhabi-Larnaca. E sono stati trasportati all'ospedale militare del Celio, a Roma. Tutti hanno un disturbo di stress post traumatico ma loro condizioni sono sostanzialmente buone.

Dopo l'esplosione dell'autobomba a Kabul, uno scontro a fuoco. Intanto sulla dinamica dell'attentato a Kabul, il generale Vincenzo Camporini, capo di stato maggiore della Difesa, ammette che «c'è stato uno scontro a fuoco» subito dopo l'esplosione dell'autobomba che ha ucciso sei soldati italiani e una decina di civili afgani. Da un'informativa redatta dagli investigatori che indagano sulla strage a Kabul sembra infatti che i quattro militari italiani sopravvissuti all'attentato abbiano risposto al fuoco piombato sulle loro teste subito dopo l'esplosione. Ma se gli italiani in Afghanistan subiscono ormai un attacco al giorno dai talebani, come ha rivelato il comandante della Folgore e responsabile del Regional Command West Herat, Rosario Castellano, nonostante il tragico attentato di Kabul «la situazione sul terreno per i militari italiani non cambia», ha precisato il capo di Stato Maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini. E anzi servono più ruppe per il controllo del territorio e ce ne saranno, ma «questo non vuol dire che il maggior apporto debba essere italiano», ha sottolineato il ministro della Difesa Ignazio la Russa che pure in un intervista ha voluto sottolineare: «Lo dico con chiarezza, i nostri soldati non sono in Afghanistan solo per aiutare a ricostruire il paese. Sono lì per usare la forza giusta e combattere il terrorismo».

21 settembre 2009
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