Stamattina si è costituito alla Procura romana l'avvocato Paolo Colosimo, che risultava ancora latitante nell'inchiesta su Telecom Italia Starkle e Fastweb. Le accuse a suo carico sono di associazione per delinquere transnazionale pluriaggravata, minaccia per impedire l'esercizio dei diritto di voto, scambio elettorale e intestazione fittizia di beni. Tutte le accuse sono aggravate dal metodo mafioso. Colosimo ha dichiarato di avere le prove per dimostrare la sua "estraneità alle accuse".
Cappotto grigio e borsone, Colosimo, accompagnato dal suo difensore, l'avvocato Giosuè Bruno Naso, si è presentato presso l'ufficio del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo dove è stato prelevato da tre esponenti della polizia giudiziaria che ora lo porteranno al carcere di Regina Coeli. Colosimo per l'accusa sarebbe l'anello di congiunzione tra il senatore e gli imprenditori Gennaro Mokbel e Franco Pugliese, che l'avvocato costituitosi oggi ha assistito tra l'altro per una misura di prevenzione che era stata chiesta in quanto Pugliese era sospettato di avere legami con la 'ndrangheta.
La difesa di Scaglia: «Non ero io a selezionare i clienti»
Intanto, si è concluso l'interrogatorio di Silvio Scaglia a Regina Coeli.
Indagato per associazione per delinquere transnazionale pluriaggravata e per dichiarazione infedele mediante l'uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, Scaglia è stato raggiunto, nei giorni scorsi, anche dalla misura di divieto di contatto con il difensore, con cui si è incontrato oggi per la prima volta dopo l'arresto avvenuto venerdì notte al suo rientro in Italia dall'estero.
Durante l'interrogatorio di garanzia, Scaglia ha sostenuto che la posizione di vertice che svolgeva all'interno della società di telecomunicazioni non prevedeva che si occupasse in prima persona della selezione dei clienti, compito che veniva assolto dalla divisione commerciale. "A me arrivavano macro dati da esaminare", ha dichiarato al gip, secondo quanto hanno riferito i legali dopo l'interrogatorio. A riprova del suo comportamento amministrativo corretto dal punto di vista etico, il manager ha citato la chiusura dell'operazione commerciale sulle Phuncards, carte prepagate che dovevano permettere l'accesso a un sito da cui si sarebbero dovuti scaricare contenuti coperti dal diritto d'autore. Quando Scaglia era venuto a conoscenza del contenuto pornografico del sito in questione, aveva chiuso da un giorno all'altro il contratto di distribuzione, perché contrario alla sua etica. Sulla frode fiscale, l'ex ad di Fastweb ha sostenuto che la società ha sempre pagato l'IVA all'erario – cosa che non era comunque in contestazione – e che ha iscritto il credito corrispondente in bilancio convinta, in buona fede, che i servizi forniti non fossero inesistenti. Secondo Scaglia, Fastweb sapeva che il segnale del traffico telefonico e il traffico stesso transitavano dai suoi server: cosa contenesse il segnale, non era di pertinenza sua, ma delle società che lo ricevevano e dovevano distribuirlo agli utenti finali. Fastweb "metteva la rete a disposizione del committente. Quanto avveniva a valle non era di nostra pertinenza", ha dichiarato l'ex ad. All'epoca dei fatti "non sono apparsi elementi tali da far pensare ad un'attività illecita delle società estere, che usufruivano della nostra struttura", quando sono cominciate le prime verifiche del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, nel 2006, i vertici di Fastweb hanno controllato e compreso che il segnale non conteneva conversazione, ma era solo un impulso costante. All'interrogatorio di garanzia erano presenti, oltre al gip, tutti i procuratori titolari dell'inchiesta e il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. I legali di Scaglia, Piermaria Corso e Antonio Fiorella, hanno chiesto gli arresti domiciliari per il loro assistito.
Rinviata la decisione sul commissariamento delle società
La decisione sull'eventuale commissariamento per mancata vigilanza, ai sensi del decreto legislativo 231del 2001, di Fastweb e di Telecom Italia Sparkle, come era prevedibile, è slittata. Il Gip di Roma, Aldo Morgigni, ha concesso alle due società due giorni di tempo per depositare ulteriore documentazione, riservandosi di decidere sulla richiesta di rinvio dell'udienza sul commissariamento delle due aziende, avanzata dai legali delle società. L'eventuale commissariamento consentirebbe a Telecom Italia Sparkle e a Fastweb la prosecuzione dell'attività sotto la guida di un commissario con compiti e poteri fissati dal giudice, che ne dovrebbe autorizzare eventuali atti di straordinaria amministrazione. Si tratta di una misura che viene di regola applicata per salvaguardare l'occupazione e lo svolgimento di un servizio di pubblica utilità, quando, come in questo caso, l'interruzione dell'attività metterebbe a grave rischio l'una e l'altro, date le dimensioni e l'importanza economica delle società.
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