Marco Innocenti, inviato del «Sole 24 Ore»
e autore di numerosi libri sugli eventi mondiali
sul costume del nostro Paese, racconta
i grandi fatti del passato e come l'Italia li visse
Le ceneri del Mahatma Gandhi sono
state disperse oggi nel mare arabico in una cerimonia nel 60esimo anniversario del suo assassinio. L'urna, che era stata conservata per anni in casa di un amico, è stata condotta verso il mare con una processione attraverso le strade di Mumbai (Bombay). Le ceneri sono state poi immersa nelle acque da un'anziana bisnipote del padre della nazione indiana, la 75enne Neelam Parikh, alla presenza di diversi esponenti del governo indiano.
C'è un uomo che Winston Churchill chiamava con tono sprezzante «il fachiro seminudo», ma che, in realtà, forse più di lui, ha pesato sulla storia del mondo, dando una coscienza nazionale a un grande popolo.
Il profeta della non violenza
Quello che diventerà il Mahatma («Grande anima»), Gandhi, nasce di casta bramina il 1° ottobre 1869 a Porbanday, in India. Studia a Londra, poi si trasferisce in Sudafrica; qui, in mezzo agli immigrati indiani di sconvolgente miseria, fonde la propria vita con la loro. Nel 1915 torna in India, dove avvia la lotta per l'indipendenza: una lotta particolare, fatta di disobbedienza civile, digiuni, marce pacifiste, resistenza passiva, scioperi fiscali. Asceta, vegetariano, appassionato studioso delle religioni, Gandhi è il profeta della non violenza. Fa politica in modo diverso, cambia le regole del gioco. Il suo principio, «la forza della verità» (cioè l'idea che i conflitti si risolvono facendo leva sui valori comuni con l'avversario) affascinerà il mondo intero, ispirando le battaglie per i neri di Martin Luther King, la lotta all'apartheid di Nelson Mandela e il pacifismo del Dalai Lama.
Gandhi pone la sensibilità religiosa indiana al servizio dell'obiettivo dell'indipendenza. La sua capacità di parlare la lingua del popolo trasforma la lotta di liberazione, che diventa un movimento di massa. L'obiettivo viene raggiunto nel 1947 con l'ottenimento dell'indipendenza, ma la divisione fra India e Pakistan rappresenta per lui, predicatore dell'Unione, una pesante sconfitta.
Tre colpi di pistola
L'India è da sei mesi indipendente, ma l'unità ha scatenato conflitti fra indù e musulmani e la ferocia che oppone le due parti trova in Gandhi il più facile bersaglio. Il 30 gennaio 1948 viene assassinato a Delhi da un fanatico nazionalista indù, che lo accusa di collusione con i musulmani. Tre colpi di pistola raggiungono il minuscolo vegliardo avvolto nel dothi bianco. Prima di cadere a terra, rivolge lo sguardo all'omicida congiungendo le palme in segno di pace. Quel giorno il premier Nerhu dice: «La luce se ne è andata dalle nostre vite, il buio ha prevalso ovunque».
Il dopo
Di Gandhi diranno: «La vita era la sua lezione. In lui la personalità pubblica si fondeva completamente con il comportamento privato». Ma la sua eredità è quasi impossibile oggi da onorare. Gandhi, l'anti-materialista, non si riconoscerebbe nel materialismo, nel dinamismo e nella laicità dell'India rampante del Duemila.