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La duratura importanza di Keynes

di Lord Robert Skidelsky

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16 febbraio 2010

Permettetemi di cominciare col dire qualche parola su Keynes e gli economisti italiani. Keynes aveva conosciuto Luigi Einaudi, un professore di finanza pubblica all'Università di Torino, alla Conferenza di Pace di Parigi nel 1919. Nel 1921, Keynes commissionò un articolo sulla finanza pubblica italiana ad Einaudi, un articolo destinato ai Manchester Guardian Reconstruction Supplements, dei quali Keynes era curatore. L'articolo fu pubblicato nell'ottava edizione, in data 28 settembre 1922. Il 7 dicembre 1921, Keynes fece la conoscenza a Londra di Piero Sraffa, uno studente ventitreenne di Einaudi, che gli si presentò con una lettera di presentazione scritta dal Professore Salvemini. Il rapporto con Einaudi si spense, quello con Piero Sraffa fiorì. Nel corso del tempo, questo rapporto diede vita alla caratteristica scuola italiana di economia keynesiana Sraffiana o neo-Ricardiana, della quale Pierangelo Garegnani, Luigi Pasinetti e Alessandro Roncaglia sono stati degli esponenti illustri.

Non esistevano le condizioni per un'amicizia intellettuale tra Keynes e Einaudi. Nella mia biografia ho scritto ‘Keynes, naturalmente, aveva buoni amici liberali in Europa, risalenti all'epoca delle sue attività alla Conferenza di Pace e nel Ministero del Tesoro. Il problema era che i liberali europei erano contro gli esperimenti sociali, mentre coloro che erano a favore erano antiliberali'. Keynes era un liberale a livello politico, ma per quanto riguardava l'economia, egli era un interventista, o antiliberale come il liberismo economico veniva definito a quell'epoca. Questo fatto lo separava dai liberali come Einaudi, per i quali il laissez-faire era parte integrante del loro liberismo.

Il rapporto tra Keynes e Sraffa fu molto più stretto. Come è noto, Keynes lo fece venire a Cambridge, nonostante il fatto che Sraffa provasse orrore per l'insegnamento, e infine gli trovò un posto come curatore dell'edizione della Royal Economic Society degli articoli di Ricardo. Sraffa fu un protetto personale di Keynes, ma egli aveva una mentalità decisamente troppo autonoma per diventare un protetto intellettuale. Inoltre, egli proveniva da una tradizione intellettuale di tipo diverso.

Come è stato ben documentato, fra le due guerre ci furono due ‘rivoluzioni' a Cambridge. La prima fu lo sviluppo della teoria della domanda effettiva associata a Keynes. La seconda fu l'attacco alla teoria marginalista del valore e della distribuzione associata a Sraffa. Durante una conferenza, quando Laurie Tarshis chiese ‘se Keynes prese parte attivamente all'altra rivoluzione …' il Professore Austin Robinson replicò: ‘quasi per niente'. Joan Robinson si ricordava che Sraffa aveva mostrato a Keynes il manoscritto del suo libro The Production of Commodities by Commodities (che non fu pubblicato fino al 1960) nel 1928. ‘Keynes evidentemente non ne ha dato molta importanza …' In cambio, Sraffa non ha praticamente preso parte alla rivoluzione keynesiana1. Qui c'è un enigma, perché, come è stato sottolineato da uno studioso, ‘il contributo di Keynes all'analisi economica ….si inserisce con meno difficoltà nella descrizione alternativa del valore e della distribuzione fornita dall'approccio surplus sviluppato da Ricardo e perfezionato da Marx e Sraffa'.2

A questo punto sono tentato di fare una più ampia, ma mi auguro non irragionevole, ipotesi in merito all'origine della disaffezione di Keynes per l'economia italiana del suo tempo. L'economia italiana era legata alla comunità più ampia di economia in due modi. Uno conduceva, attraverso l'enorme contributo di Vilfredo Pareto, alla matematica-scientizzazione dell'economia e conseguente sviluppo del paradigma marginalista. L'altro legame era con la più antica tradizione Ricardiana ‘classica', di cui il Marxismo fu la più importante propaggine politica. Keynes ripudiava entrambi. La sua General Theory fu un attacco sia al sistema Walrasiano di autoregolamentazione dei mercati che alle ‘fondamenta Ricardiane del Marxismo'.3

Infatti, egli raggruppava entrambe le tradizioni nel suo attacco alla teoria ‘classica', che secondo lui aveva preso una svolta decisamente sbagliata con Ricardo. Trasformare Keynes in un neowalrasiano dopo la sua morte già implicava una grande distorsione del suo contributo; il tentativo di trasformarlo in un neoricardiano potrebbe sembrare un'impresa destinata al fallimento, ma, come illustrerò, esiste un motivo per farlo.

Keynes e le Aspettative Incerte
L'interpretazione neoricardiana di Keynes è un tentativo di usare la teoria classica di valore e distribuzione per fornire delle micro-basi ricardiane per la teoria di domanda effettiva di Keynes. Infatti, viene fatta una forte affermazione che la ‘teoria generale' di Keynes fallisce come teoria generale a meno che ciò non si faccia, poiché Keynes non era riuscito a dimostrare nulla oltre la presenza di ‘imperfezioni' nel sistema di mercato che impedivano l'autoregolamentazione istantanea dei mercati. Questo ha fatto della sua teoria un ‘caso speciale' della teoria neoclassica, ottenuto grazie all'aver imposto le restrizioni ad hoc sulla flessibilità salariale e dei prezzi.

  CONTINUA ...»

16 febbraio 2010
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