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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2014 alle ore 06:44.
L'ultima modifica è del 10 luglio 2014 alle ore 07:05.
Il primo ad ammettere che non tutto funziona come dovrebbe è il direttore per i giochi dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Roberto Fanelli. «Con la legge-delega tra le varie cose da affrontare - dice al Sole 24 Ore - c'è la rivisitazione delle norme che presiedono al rilascio delle concessioni. Potrebbe essere l'occasione per coprire i due o tre buchetti che ci sono ancora».
Buchetti? «Rispetto a prima sono buchetti, perché un tempo erano vere e proprie falle», chiarisce.
Il primo di questi "buchetti" ha a che vedere con la disposizione che impone in sede di gara l'individuazione di chi detiene una partecipazione pari o superiore al 2% della società che aspira alla concessione. Una norma che nel caso dei fondi di investimento è per lo più ignorata. Ci spieghiamo con un esempio concreto: la Snai, una delle maggiori aziende del settore, è posseduta al 67% dalla Global Game Spa, metà della quale appartiene al fondo inglese InvestIndustrial IV LP del gruppo Bonomi. Ma i Monopoli non conoscono i proprietari di quel fondo. A dire il vero, non li conosce neppure il portavoce di InvestIndustrial: «Chi investe nei fondi di private equity non dà il suo nome», ci ha spiegato. «È una cosa che resta riservatissima. Sono sottoscrittori, diciamo, anomimi. Dopodiché è chiaro che non c'è la mafia».
Quello è chiaro, ma resta il fatto che il requisito di legge non viene applicato. O no? «Possiamo dire che non è applicabile, più che non è applicato», puntualizza Fanelli. «Non siamo andati a vedere i quotisti del fondo... effettivamente è una questione che esiste e che adesso, con la legge-delega, si potrebbe affrontare».
Se nel caso dei fondi di investimento il rischio di infiltrazioni mafiose è praticamente inesistente, diverso il discorso nel caso di società offshore, oppure schermate da fiduciarie.
La normativa oggi vigente chiede l'assoluta trasparenza, ma non tutto funziona come si vorrebbe. Si prenda il caso di PokerStars, la più grande società di poker online al mondo, che nell'aprile del 2011 è stata accusata di riciclaggio di denaro dal Dipartimento di Giustizia americano e ha successivamente patteggiato il pagamento di una multa da 731 milioni di dollari.
In Italia PokerStars è assegnataria di una concessione attraverso la Reel Italy Ltd, società registrata a Malta le cui controllanti hanno sede nelle Isole Vergini e nell'Isola di Man, due paradisi dell'anonimato. Com'è possibile?
«La gara per le scommesse online a cui ha partecipato PokerStars era precedente all'entrata in vigore del decreto legislativo con i requisiti più restrittivi», spiega Fanelli. Che aggiunge: «Resta fermo che noi facciamo verifiche antimafia su amministratori, Cda e collegi sindacali in modo periodico. Chiediamo alle prefetture competenti».
Ma come si fanno verifiche antimafia con l'Isola di Man e le Isole Vergini?
«Diciamo che noi facciamo tutto quello che è possibile fare», risponde Fanelli. «E in determinati casi non c'è la collaborazione con il Paese. Se lo Stato non ci risponde, oppure è un Paese in cui non c'è scambio di informazioni, chiaramente è molto più difficile». Diciamo impossibile.
C.G.
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