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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2014 alle ore 07:50.
L'ultima modifica è del 12 luglio 2014 alle ore 10:31.

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Nei prossimi mesi Alibaba, il sito cinese di ecommerce si quoterà a New York. Da qualche tempo si parla delle dimensioni eccezionali del collocamento e del suo valore simbolico. A corollario della quotazione che lo metterà in competizione con Steve Jobs e Jeff Bezos, Jack Ma ha annunciato la creazione di una fondazione benefica. Negli ambienti finanziari newyorkesi si dice che Bill Gates abbia convinto Ma a partecipare al Giving Pledge. Se dal punto di vista della cultura imprenditoriale europea è difficile accettare che a fianco di Jobs, Bezos, Gates non si citino Ferrero, Ortega (Inditex/Zara), Kamprad (Ikea), la diffusione del Giving Pledge sarebbe inaccettabile.

Giving Pledge significa "impegno a donare" ed è un'iniziativa, avviata da Warren Buffet e Bill Gates, che chiede ai miliardari di impegnarsi a donare buona parte della propria ricchezza in vita. Il Giving Pledge ha la sua base teorica nel Gospel of Wealth di Andrew Carniegie, che sostiene la necessità per gestire bene l'attività di beneficenza mentre si è in vita (fatto che negli Usa ha qualche non disprezzabile vantaggio fiscale).

Carniegie ha vissuto al termine del secolo scorso e il suo è un tentativo di proporre una soluzione americana, diversa da quella marxista proposta 20 anni prima del Gospel, ai grandi divari generati dalla rivoluzione industriale.

L'errore di fondo di Carniege, replicato da Buffet e Gates, è il motivo per cui bisogna donare: la ricchezza passata ai figli è un male. È su questo che si fonda l'idea di donare tutta la propria ricchezza salvo quanto serve per una vita dignitosa per la famiglia. E l'errore è deleterio se a compierlo sono imprenditori che potrebbero dar vita a famiglie imprenditoriali che continuerebbero a guidare le loro aziende. La ricchezza estratta dall'impresa e donata alla società genera meno benessere per la società stessa di quanto fanno investimenti e salari prodotti dalla ricchezza mantenuta e gestita in azienda. Non è un caso che in Europa nessuno abbia aderito all'iniziativa.

Qual è il motivo? In modo meno pomposo gli imprenditori europei applicano l'education pledge: si impegnano a passare ai giovani lo spirito imprenditoriale, vero tesoro delle famiglie imprenditoriali, e ad educarli al mantenimento e alla protezione della ricchezza secondo il principio per cui: «Non si vive della propria eredità ma per la propria eredità».

Nelle famiglie imprenditoriali, si potrebbe obiettare, ci sono casi disastrosi di patrimoni immensi dilapidati e di figli inetti. Certo! Educare alla ricchezza è più difficile che liberarsene. Come afferma lo stesso Carniege: «Ci sono casi di giovani che amministrano bene la ricchezza e svolgono un gran servizio alla comunità. Loro sono il vero sale della terra e sono tanto apprezzabili quanto rari». La buona notizia è che questi giovani non sono frutto del caso ma di famiglie imprenditoriali che funzionano.

L'educazione imprenditoriale permette ai giovani di "far lavorare" il patrimonio ricevuto ed evita che la ricchezza venga divisa dall'attività imprenditoriale e divenga rendita. Questa è la vera ricchezza contro cui si scagliò Carniegie, tanto che non volle neppure vedere i 12 miliardi di dollari che Jp Morgan gli pagò per la sua azienda, quando la dovette vendere non avendo figli a gestirla.

Vogliamo distinguere la ricchezza imprenditoriale dalla rendita? Imponiamo sui grandi patrimoni una tassa di successione del 50% che possa, su base volontaria, essere pagata con lavoro e investimenti. Un erede riceve un'azienda del valore di 20 milioni che ne fattura 40 e paga 15 milioni di salari. Nei dieci anni successivi ogni euro, che avrà pagato in salari o investito in Italia, produrrà una deduzione di 10 centesimi sulla sua tassa di successione. Raggiunti i 50 milioni che deve allo Stato, avrà una deduzione ulteriore sulle imposte per un massimo di altri 50 milioni. Avrà risparmiato 100 milioni di imposte e pagato salari o fatto investimenti per 1.000 milioni in Italia. Gli imprenditori non vogliono pagare le tasse? Approviamo questa legge e li troveremo in coda alle Agenzie delle Entrate.

Jack Ma ha chiamato la sua azienda Alibaba, un taglialegna che entra nella caverna dei quaranta ladroni e diventa ricco. Qasim, il fratello di Alibaba, che poteva non lavorare perché aveva sposato una donna ricca, entrò nella grotta ma abbagliato da tante ricchezze non ne uscì più e morì. Jack Ma sa che l'educare alla ricchezza e non il dare in beneficenza è l'impegno che gli imprenditori si devono prendere verso i loro figli.
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