Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 15 luglio 2014 alle ore 09:01.
Oltre tre milioni di famiglie, tre milioni e 230mila per l'esattezza, nel 2013, sono in condizione di povertà "relativa", per un totale di 10 milioni e 48mila individui, il 16,6% della popolazione. I poveri "assoluti" sono sei milioni e 20mila unità, il 9,9%, cioè un italiano su dieci. Di questi ben tre milioni e 72mila risiedono al Sud (erano due milioni e 347mila nel 2012), un milione e 434mila sono minori (l'incidenza è salita dal 10,3% al 13,8%) e 888mila sono anziani (anche qui in crescita sull'anno dal 5,8% al 7%). Praticamente, in dodici mesi, vivono in condizioni di indigenza circa 303mila famiglie e un milione e 206mila persone in più.
La fotografia è stata scattata ieri dall'Istat e conferma il forte legame tra povertà, bassi livelli d'istruzione ed esclusione dal mercato del lavoro. Se la persona di riferimento possiede al massimo la licenza elementare, per esempio, l'incidenza di povertà è pari al 18,8% (contro il 6,6% osservato tra i diplomati e oltre) e sale, addirittura, al 33,7% se l'interessato è alla ricerca di un impiego. Il valore arriva al 49,5% nel Mezzogiorno. Ma tra i fattori che spiegano l'aumento dell'indigenza «inizia a manifestarsi pure il fenomeno del cosiddetto working poor - ha sottolineato l'economista del lavoro, Carlo Dell'Aringa - cioè si entra in condizioni di povertà anche perché il lavoratore ha un basso reddito o vede ridursi l'orario di lavoro per via del forte incremento del part-time involontario a causa della crisi».
La stima dell'incidenza della povertà "relativa" è calcolata dall'Istat sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita, appunto, povera. Si è poveri "assoluti" invece quando non si riescono ad acquistare beni e servizi per una vita dignitosa.
Ebbene, snocciolando più nel dettaglio i dati, emerge come dal 2012 al 2013, la povertà relativa sia rimasta stabile. A differenza dell'incidenza della povertà assoluta che è aumentata a livello nazionale dell'1,1% (si è passati dal 6,8% al 7,9% essenzialmente per effetto dell'incremento al Sud, dal 9,8% al 12,6%). La condizione di indigenza è cresciuta tra le famiglie con tre, quattro, cinque o più componenti. È peggiorata la condizione delle coppie con figli. Ma soprattutto dei minori: «La povertà assoluta dei minorenni dal 2011 al 2013 è praticamente raddoppiata», ha evidenziato il presidente dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, Vincenzo Spadafora, che ha chiesto al Governo «di mettere al centro dell'agenda politica le condizioni di vita e le opportunità di scelta dei bambini e degli adolescenti». Ma a incalzare l'Esecutivo sono anche i sindacati e la vice presidente della Camera, Marina Sereni, che spinge «per consolidare ed estendere, dalla prossima legge di Stabilità, il bonus di 80 euro alle fasce più deboli».
L'emergenza è forte specialmente al Sud. Qui alla più ampia diffusione della povertà si è associata pure la maggiore gravità del fenomeno. La spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è risultata pari a 744,07 euro e l'intensità, del 23,5%, è in aumento rispetto al 2012 (era il 21,4%). Nel Nord e nel Centro, invece, dove la spesa media è stata più elevata (rispettivamente 801,79 euro e 800,29 euro) l'intensità è rimasta pressochè stabile intorno al 17,6%. In Calabria e Sicilia si è registrato il picco della povertà relativa; mentre a rischio, cioè quasi povere, sono il 6,4% delle famiglie.
I dati dell'Istat evidenziano pure un miglioramento della condizione dei single non anziani nel Nord (l'incidenza è passata dal 2,6% all'1,1% specie se con meno di 35 anni). Ma il dato, si legge nel report statistico, è frutto del ritorno nella famiglia di origine o dalla mancata formazione di un proprio nucleo da parte di giovani in condizioni economiche meno buone. Nel Sud invece sono in lieve miglioramento le condizioni delle coppie con un solo figlio. Ma anche qui solo se a capo del nucleo c'è un dirigente o impiegato.
Permalink
Ultimi di sezione
-
Italia
Agenzia delle Entrate sotto scacco, rischio «default fiscale»
-
L'ANALISI / EUROPA
L'Unione non deve essere solo un contenitore ma soggetto politico
Montesquieu
-
NO A GREXIT
L’Europa eviti il suicidio collettivo
-
Il ministro dell'Economia
Padoan: lavoreremo alla ripresa del dialogo, conta l’economia reale
-
LO SCENARIO
Subito un prestito ponte
-
gli economisti
Sachs: la mia soluzione per la Grecia