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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 21 luglio 2014 alle ore 06:52.

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Commissione parlamentare antimafia, 25 giugno, audizione di Tano Grasso, presidente onorario Fai (Federazione antiracket e antiusura). Novanta minuti da ascoltare per intero (disponibili sul sito di radioradicale), perché nella storia della ribellione al pizzo, Tano Grasso rappresenta una svolta: nei primissimi anni 90, gli stessi in cui a Palermo veniva assassinato Libero Grassi, il giovane commerciante di scarpe di Capo d'Orlando (Me) sfoderava coraggio e passione, convincendo un gruppetto di negozianti locali a denunciare gli estorsori. Inoltre l'audizione è, nel bene e nel male, una summa del percorso fin qui compiuto dal contrasto a racket e usura. Cui si sta finalmente aggiungendo - con esasperanti incertezze - il bersaglio della corruzione. Tra i capitoli di questa "lezione" troviamo i risultati, le proposte, le critiche, le divisioni, né mancano le fisime della politica, percepibili in alcune domande seguite alla relazione di Grasso.
Antiracket.«È un'esperienza antieroica, abissalmente distante dallo stereotipo dell'eroe solitario, impavido, sempre a rischio. La nostra forza è nell'intelligenza».
Progressi.«Se si confronta la situazione di oggi con quella del 1990, siamo in un altro mondo. Allora, la prospettiva di un imprenditore che non voleva piegarsi erano la solitudine, il disprezzo dei propri colleghi e, spesso, la morte. E quando avesse cercato conforto dalle forze dell'ordine, avrebbe incontrato rassegnazione e formalismi».
Denunce.«È cambiato l'atteggiamento verso gli imprenditori non acquiescenti. Le mafie hanno attenuato la pressione estorsiva sul commercio (non sull'edilizia): chiedere il pizzo al commerciante in grave difficoltà equivale oggi a una quasi probabile denuncia, anche per effetto della maggior forza degli imprenditori antiracket: a Napoli come a Palermo, chi aderisce all'associazione antiracket è immune da richieste estorsive».
Corruzione. «C'è una forte connessione tra il pizzo ai mafiosi e la tangente ai politici. Racket e corruzione sono realtà in larga parte complementari. La legittimazione della tangente politica legittima il pizzo mafioso, e viceversa. Quando si paga il pizzo, si rinuncia alla piena sovranità imprenditoriale, un cedimento che dispone anche alla corruzione politica».
Ipocrisia.«La polemica contro i "professionisti" talora è svolta da chi opera al riparo di stipendi assicurati da associazioni di categoria. Il problema non è se chi opera nella militanza antimafiosa sia o meno un "professionista", ma quanto il suo lavoro sia utile, efficace, incisivo. Da sempre noi abbiamo misurato la nostra credibilità sulle denunce e sui processi».
Fondi. «Il PON finanziato dai fondi europei rappresenta una straordinaria occasione e lo sarebbe ancora di più se ognuno avesse fatto la propria parte utilizzando l'intera somma di 37 milioni invece dei 13 spesi, di cui 8 milioni per i progetti Fai».
Fisime(domanda di una deputata Pd). «Perché alle vostre iniziative non invitate mai noi politici, così impegnati nell'Antimafia?»
Ps: Piace ricordare che fu proprio «Il Sole 24 Ore» a seguire fin dal 1991 l'avventura di Tano Grasso, tanto che l'Associazione commercianti di Capo d'Orlando consegnò un riconoscimento all'allora direttore, Gianni Locatelli.
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