Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2014 alle ore 06:39.
L'ultima modifica è del 22 luglio 2014 alle ore 11:47.

My24
(Fotogramma)(Fotogramma)

Dalla «grande riforma» del 1973, alla «Visentini-ter» del 1984. Con un'impronta riformista coraggiosa, che Bruno Visentini ha cercato di trasferire non solo sul piano specifico della struttura tributaria italiana, ma anche su quello del graduale ampliamento della base imponibile. Basti pensare a come era strutturato il nostro sistema impositivo prima che la riforma targata Cosciani-Visentini vedesse finalmente la luce.

Un sistema arcaico, profondamente sperequato e frazionato. Accanto all'imposta generale sul reddito, all'interno della quale convivevano l'imposta sui redditi dei terreni, sui fabbricati urbani, sui redditi mobiliari e sui redditi agrari, diverse imposte gravavano sugli affari e sui consumi, accompagnate da una serie di sovrimposte comunali e provinciali. Nel 1973 oltre metà del gettito delle imposte sul patrimonio e sul reddito era garantito dall'imposta di ricchezza mobile, mentre l'imposizione indiretta faceva capo all'Ige. I lineamenti della riforma erano per gran parte contenuti nelle conclusioni della Commissione istituita nel 1962 (presieduta prima da Cesare Cosciani poi da Visentini).

Nascevano l'Irpef, l'Ilor, l'Irpeg, l'Iva. L'intento era riformare la struttura del prelievo in un'ottica prevalentemente redistributiva, in linea con quanto previsto dall'articolo 53 della Costituzione. Il risultato? La pressione tributaria, che dal 17% degli anni Sessanta era scesa nel 1973-1975 a meno del 15%, salì fino al 25% del biennio 1990-1992. Crescita sostenuta soprattutto dalle imposte dirette che negli anni Sessanta erano pari al 6% del Pil e che all'inizio degli anni Novanta passarono al 14,5 per cento.

Una riforma coraggiosa, con diversi aspetti problematici e una sorta di vulnus di partenza, forse obbligato: il primo condono. Di certo, quando il sistema cambia così radicalmente il sistema, si presenta l'indubbia necessità di consentire ai contribuenti di poter sanare le vecchie posizioni. Il gettito che venne recuperato fu tutt'altro che disprezzabile: 3mila miliardi di lire, il 15% del gettito di quell'anno che ammontò a 20mila miliardi di lire. Poi l'eccezione è divenuta prassi.

Trent'anni di condoni fiscali, sanatorie edilizie e previdenziali, a fronte del gettito incassato (104,5 miliardi) hanno arrecato un danno per molti versi irreversibile alla credibilità dello Stato. Già perché la grande riforma del 1973 - come peraltro Cosciani non aveva mancato di rilevare già dieci anni prima – per dispiegare a pieno i suoi effetti andava accompagnata da una profonda riforma dell'amministrazione finanziaria, così da rendere efficaci i controlli antievasione. Per altro verso, la nuova struttura del prelievo si trovò a far fronte alle conseguenze dei conflitti sociali degli anni Settanta, alla caduta del sistema dei cambi fissi, all'aumento delle materie prime.

a pressione inflazionistica, il progressivo cumularsi dei disavanzi annuali assestano con il raddoppio del debito pubblico degli anni Ottanta un colpo mortale alla riforma del 1973 che si presenta all'appuntamento con il deteriorarsi dei conti pubblici con la sua struttura portante sostanzialmente immutata.

Non per questo va sminuita la portata dell'impronta riformista di Bruno Visentini, cui si deve l'introduzione dell'Irpef e del sostituto d'imposta per i redditi da lavoro dipendente. Un sistema fiscale di massa basato sostanzialmente sull'autoliquidazione che mette a dura prova gli uffici fiscali. Poi a metà degli anni Ottanta le disposizioni in materia di forfetizzazione dei redditi dei contribuenti minori, l'acceso dibattito sui criteri di determinazione del reddito degli autonomi, l'introduzione della ritenuta del 12,5% sui titoli di Stato. E ancora, il testo unico delle imposte sui redditi, sull'imposta di Registro, le norme sull'Anagrafe tributaria. Con la «Visentini ter» si provò a ricondurre a tassazione quattro milioni di contribuenti, attraverso un sistema di prelievo su base forfettaria riferito alla cifra d'affari determinabile, ma anche con criteri induttivi.

Anni di grandi e rilevanti innovazioni. Eredità importante quella di Visentini, cui occorreva negli anni successivi dare stabilità con l'intento di aggredire finalmente il moloch dell'evasione. Indubbi sono stati i passi in avanti compiuti su questo fronte, anche se la strada da percorrere resta tuttora lunga e irta di ostacoli.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi