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Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2014 alle ore 07:20.
L'ultima modifica è del 25 luglio 2014 alle ore 08:07.

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Karl Marx scrisse che la Storia si ripete «la prima volta come tragedia, la seconda come farsa». Se oggi ci guardiamo intorno, non possiamo non chiederci se alla tragedia non seguirà un'altra tragedia. Siamo al centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale e siamo circondati dalla stessa escalation di violenza e cinismo del 1914.
La Prima guerra mondiale partì da un atteggiamento mentale, la convinzione che i mezzi militari potessero risolvere le questioni sociali e politiche dell'Europa centrale.

Un secolo prima, il teorico militare Karl von Clausewitz aveva scritto che la guerra è "non è che una continuazione della politica con altri mezzi". Nel 1914 un numero sufficiente di politici era d'accordo con lui.
Eppure la Prima guerra mondiale dimostrò come Clausewitz si fosse tragicamente sbagliato. E oggi siamo ancora in ballo. La regione balcanica è ancora tormentata e politicamente divisa. Anche l'ex-Impero russo è in preda a un crescente sconvolgimento, con la Russia che ha attaccato l'Ucraina e la violenza che continua a divampare in Georgia, Moldavia e non solo. In Asia orientale le tensioni fra Cina e Giappone - retaggio del secolo scorso - sono un pericolo crescente.
E come già un secolo fa, leader arroganti e ignoranti stanno spingendo sul conflitto senza prospettive realistiche per la risoluzione di fattori politici, economici, sociali o ambientali che creano tensioni. Troppi governi hanno adottato la strategia di sparare prima e pensare dopo.

Prendete gli Usa. La loro strategia è inviare truppe, droni o bombardieri in qualsiasi Paese che rappresenti una minaccia per l'accesso americano al petrolio o ospiti fondamentalisti islamici o turbi gli interessi statunitensi, come la pirateria al largo della Somalia. Così truppe americane, Cia, missili ed eserciti spalleggiati dagli americani sono militarmente impegnati in una fascia di territorio che va dal Sahel in Africa Occidentale e passa per Libia, Somalia, Yemen, Siria, Iraq, Afghanistan e oltre. Tutta questa attività militare costa centinaia di migliaia di vite e trilioni di dollari, ma anziché risolvere uno dei problemi sottostanti, il caos aumenta minacciando una guerra che potrebbe estendersi a macchia d'olio.
La Russia per un po' ha rispettato il diritto internazionale, lamentandosi legittimamente che Usa e Nato lo stessero violando in Kosovo, Iraq, Siria e Libia. Ma quando il presidente Putin ha preso di mira l'Ucraina temendo che il Paese si stesse avvicinando all'Europa, tutta a un tratto ha ignorato il diritto internazionale. Il suo governo ha annesso illegalmente la Crimea e combatte in Ucraina orientale una guerriglia brutale per procura e ora, pare, con il coinvolgimento diretto delle forze russe. In questo quadro, il destino del volo della Malaysia Airlines sconvolge per la sua brutalità e perché dimostra come il mondo sia fuori controllo.

Il cinismo impera. Gli Usa hanno di fatto violato il diritto internazionale ricorrendo all'uso della forza contro il parere delle Nazioni Unite, mandano droni e forze segrete in Paesi sovrani senza l'approvazione dell'Onu e continuano a spiare amici e nemici. La Russia fa altrettanto, seminando la morte in Ucraina, Georgia e altri Paesi limitrofi. L'unica costante è il facile ricorso alla violenza e le menzogne che inevitabilmente lo accompagnano.
Ci sono quattro grandi differenze fra il mondo di oggi e il 1914. Da allora abbiamo vissuto due guerre disastrose, una Grande depressione e una Guerra fredda. Abbiamo avuto la possibilità di imparare sulla stupidità e l'inutilità della violenza collettiva organizzata. La seconda è che la prossima guerra globale, in questa era nucleare, porterebbe alla fine del mondo. La terza è che oggi, con le nostre tecnologie, abbiamo tutte le opportunità per risolvere i problemi di povertà, fame, migrazioni e degrado ambientale che costituiscono tante pericolose polveriere.

Infine, c'è il diritto internazionale, se decidiamo di osservarlo. Cento anni fa i belligeranti di Europa e Asia non potevano rivolgersi al Consiglio di sicurezza e all'assemblea generale delle Nazioni Unite, istituzioni dove la diplomazia poteva essere la continuazione della politica. Noi abbiamo la fortuna di poter costruire la pace attraverso un'istituzione mondiale creata per fare in modo che la guerra mondiale non sarebbe mai più scoppiata.
Come cittadini del mondo, il nostro compito è rivendicare la pace perseguendo la via della diplomazia e iniziative globali, regionali e nazionali che affrontino povertà, malattie e degrado ambientale. Dobbiamo adoperarci perché alla tragedia non segua la farsa o un'altra tragedia, ma il trionfo della cooperazione e della decenza.
(Traduzione di Francesca Novajra)
© PROJECT SYNDICATE, 2014

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