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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2014 alle ore 09:09.
L'ultima modifica è del 26 luglio 2014 alle ore 10:10.

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«Una cosa deve essere chiara. Se qualcuno, dentro o fuori il Governo, pensa che l'amministrazione straordinaria sia una parte della soluzione, allora ci troverà sulle barricate. La Marzano avrebbe conseguenze devastanti per i creditori. Sarebbe il colpo finale per l'indotto e per l'economia locale».

Enzo Cesareo occupa una delle poltrone ricoperte da più spine in Italia. È presidente di Confindustria Taranto. Da un lato si trova di fronte a problemi enormi, che farebbero tremare i polsi a chiunque: l'eredità nei Paesi avanzati dell'impatto ambientale dell'industria primaria del Novecento, il nuovo conflitto fra lavoro e salute, l'azione dei magistrati nel contesto dell'obbligatorietà dell'azione penale, il fallimento - non industriale, ma sociocivile - della privatizzazione dell'Italsider, il ruolo dell'imprenditoria privata rappresentata dalla famiglia Riva, le leggi speciali promosse dai Governi, la prospettiva dell'arrivo di un azionista di riferimento straniero. Dall'altro lato ha - addosso, fisicamente - la pressione di un sistema economico locale che sta per primo pagando il conto della crisi finanziaria dell'Ilva.

Presidente, perché una posizione così netta?
Ogni ipotesi sull'adozione dell'amministrazione straordinaria, che nessuno ha mai avanzato ufficialmente ma di cui si sente talvolta vociferare, si trasformerebbe in una iattura per le imprese tarantine. Possiamo stimare che, i quattrocento fornitori, abbiano un centinaio di milioni di crediti verso l'Ilva. Cancellarli con un tratto di gommapane equivarrebbe a porre la firma sotto il loro atto di morte.

Da quando queste imprese non vengono pagate?
Da marzo. La crisi di liquidità è molto acuta. E si declina in tre modi: le imprese non solo hanno problemi di cassa, ma si trovano anche in difficoltà con il sistema bancario: allo sportello non vengono più scontate le fatture dell'Ilva e anche le società di factoring preferiscono non finanziare chi lavora per l'acciaieria. I nostri funzionari non fanno altro che accompagnare gli imprenditori in giro per le banche. La situazione è critica. Noi conosciamo le persone, ascoltiamo le loro voci, vediamo i loro volti.

Quando tutto questo si trasformerà in problema occupazionale?
Temo che accada presto. Molte di queste imprese hanno smesso di pagare i loro dipendenti. L'unica cosa che cercano di fare è pagare l'Inps, perché senza contributi perderebbero il Durc, che è la condizione essenziale per potere lavorare con una impresa commissariata, assimilabile in questo alla pubblica amministrazione. Per difendere il sistema economico locale, prenderemo presto, anzi prestissimo, iniziative eclatanti.

L'auspicio è che vi sia una accelerazione nei lavori ambientali nel perimetro dell'acciaieria.
È così. Adesso il nostro problema è evitare, dopo il danno, la beffa. Prima le imprese tarantine non sono state pagate. E, ora che i lavori con il commissario Gnudi dovranno accelerare, potrebbero non essere in grado di parteciparvi perché allo stremo dal punto di vista finanziario. Sarebbe davvero drammatico se, a quel punto, fossero chiamate imprese non tarantine.

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