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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2014 alle ore 09:19.
L'ultima modifica è del 27 luglio 2014 alle ore 09:37.

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In una lettera del 13 ottobre 1806 all'amico Niethammer egli descrive la gioia di aver visto Napoleone che «stando su un cavallo, si insedia per il mondo e lo domina». Insomma, il «riconoscimento» uguale e universale dell'individuo attuato dalla Francia rivoluzionaria, con l'ideologia della libertà individuale fa coincidere la «fine della Storia» con la caduta dei princìpi dell'Europa prerivoluzionaria, basati sul rapporto signoria - servitù.
L'attacco frontale all'Illuminismo, supporto ideologico della rivoluzione, e soprattutto ai suoi rivendicati diritti di libertà e di uguaglianza, è stato proprio ora scatenato da un ponderoso volume del filosofo tedesco Peter Sloterdijk, Die schrecklichen Kinder der Neuzeit (Gli spaventosi figli della modernità). Quell'ideologia «fine della Storia» hegeliana, diventa qui la vera causa delle guerre mondiali e del caos successivo, nel quale da allora il mondo vive.

Ogni ideologia che appaia definitiva non regge mai. Così, dopo la fine della Guerra fredda, solo per un breve periodo tutto sembrò funzionare. Dalla geopolitica il centro degli interessi dell'impero divenne lo sviluppo economico sì, ma congiunto ai princìpi di democrazia e a spunti sui diritti umani. Fu il presidente George W. Bush a far risuscitare la Storia dichiarando la «guerra al terrore» e l'invasione dell'Iraq su false motivazioni. La «guerra al terrore» fu poi inutilmente ribattezzata dal presidente Obama «Overseas Contingency Operations» e giustificò oltre che il raid ordinato per l'uccisione di Osama bin Laden, la continuazione di Guantanamo, la cui chiusura era stata da tempo promessa.
Il nuovo Impero della superpotenza americana ha così perso via via il suo potere e la sua autorevolezza. Gli Stati Uniti, nella doppia funzione di egemonia globale, quella generale di garanti dell'ordine economico del capitalismo e quella particolare di promotori degli interessi delle Banche e delle industrie americane, perseguendo una strategia dell'ineguaglianza economica, hanno definitivamente deciso la priorità, rispetto a quella estera, della politica interna, via via corrotta da ideologie sbagliate. L'attuale grave crisi dei principi fondativi delle democrazie liberali ha creato un vacuum di potere nel quale gli aspetti peggiori della storia passata stanno riemergendo nelle loro terribili e sanguinose vicende.

Al vacuum di potere si è accompagnato il vacuum di regole globali, che con il liberismo economico ha sostituito all'egemonia politica americana l'impero dei mercati.
In questo vacuum di poteri si è inserita la Russia, tentando di proporsi come determinante giocatore geopolitico, con sinistri riflessi sulla crisi siriana e sulla vicenda Crimea e Ucraina. La posizione di Putin ha fatto sopravvivere ideologicamente, con la fideistica ripresa del simbolo staliniano nel cuore del nuovo "homo sovieticus", un'Unione Sovietica già al collasso geografico e economico. Non è un caso che lo scrittore russo Vladimir Sorokin, in linea perfetta con queste indicazioni, abbia pubblicato un bell'articolo in un numero dello scorso maggio della New York Review of Books, dal titolo significativo: Let the Past Collapse on Time! (Che il passato collassi in tempo!). Questo sì, vorrebbe dire la «fine della Storia» anche secondo Hegel.

L'Europa recentemente ha molto sofferto della caduta dell'impero americano e del disordine imposto dal capitalismo dei mercati, togliendo a volte, quasi inavvertitamente, il "riconoscimento" hegeliano ai suoi cittadini, sovente in dispregio di diritti costituzionalmente sanciti. Ma è proprio dall'Europa unita che può verificarsi la «fine della Storia» con lo sviluppo stabile della necessaria mediazione fra capitalismo e democrazia, attraverso una seria politica di welfare e ponendo alla base di un costituendo ordine globale il rispetto dei fondamentali diritti umani. Il ritorno della Storia passata solo così finirà di incombere, con i suoi sanguinosi effetti, davanti agli occhi esterrefatti e impauriti dei cittadini, increduli nel dover riconoscere il proprio destino in quello dell'«ultimo uomo» preconizzato da Friedrich Nietzsche.

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