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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2014 alle ore 09:15.
L'ultima modifica è del 27 luglio 2014 alle ore 09:47.

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Dopo tante navi morte viste e visitate in diversi mari del mondo, nonché nel Mediterraneo, ne ho sotto gli occhi una che, strappata dal fondo dove giaceva, attraversa il Tirreno per raggiungere il porto di Genova. Ne seguo la rotta, le manovre, e ripenso a quelle di cui ho scritto molto in anni passati: navi perdute in fondali dove giacciono per sempre condannate.

Provocavano meraviglia sinistra, motivo di stupore, a volte di ammirazione tanti immensi resti. Poi, l'esplorazione sottomarina ha lanciato il suo allarme: il corrompimento e il lento dissolvimento di quelle centinaia, migliaia di scafi e dei loro carichi rappresenta un pericolo grave per tutti i mari e in particolare per il Mediterraneo. Qui le guerre mondiali del Novecento hanno lasciato sul fondo immense portaerei, corazzate, incrociatori, sommergibili per migliaia e migliaia di tonnellate. I loro carichi, i loro carburanti e loro stessi sono destinati a lenta, lentissima dispersione con il conseguente accumularsi nelle acque di quantità non esattamente calcolabili di veleni di ogni genere. Un pericolo da tutti gli esperti conosciuto e considerato non evitabile.

Vicino a noi, da oltre due anni sotto i nostri occhi, una carcassa più imponente di ogni altra, quella della Costa Concordia, ci ha invece offerto una dolorosa ma straordinaria prova contraria. Al disastro, ai tremendi pericoli di quel relitto, la tecnologia assennata a volontà ha riservato un destino diverso. Abbiamo visto la ciclopica massa trasformarsi da minaccia incombente a prova contraria. Scuotersi di ogni pericolosa sostanza, risollevarsi dalle rocce sulle quali giaceva e navigare trainata, protetta da chi l'aveva strappata al destino di venire maledetta dall'isola dov'era naufragata. E non solo da lei.

In altri tempi, cronisti e forse ancor più di loro narratori di favole e leggende, dal recupero di un così immenso corpo, dallo svuotamento di ogni suo veleno, avrebbero tratto spunti per scrivere pagine non solo avventurose ma – come ai tempi si usava – occasioni per crearne una morale. Tento di immaginarla e di farla mia, come forse riescono anche alcuni spettatori dei milioni che davanti ai televisori hanno seguito giorno dopo giorno e adesso ora per ora la vicenda della Costa Concordia. Vicenda dalla quale si può sperare che incidenti disperati mai risolti prima, riescano a concludersi con un buon fine. Così da lasciarci in qualche misura ottimisti, anche se posti di fronte a eventi che dovrebbero indurci a conclusioni soltanto negative.

Quella della Costa Concordia fu una tragedia. Ora è diventata un esempio di successo. Per forza di volontà, grandi fatiche e inimmaginabili capacità tecnologiche.
Grazie, Concordia.

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