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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2014 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 27 luglio 2014 alle ore 13:48.

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Il ruolo centrale dell'agricoltura di nuova generazione



Ho colto con grande favore l'intervento di Fabrizio Barca che richiama un ruolo centrale dell'agricoltura. Concordo con la sua tesi. Oggi occorre la consapevolezza che serve un salto nel futuro, con una agricoltura di nuova generazione. Cento anni di emigrazione, di fuga verso le città, non sono un dato contingente. Sono il riflesso dell'affermarsi di una civiltà industriale che ha preso il sopravvento sul mondo rurale. Così la marginalità si è fatta debolezza culturale, e il mestiere dell'agricoltore scarsamente riconosciuto socialmente, sempre meno un "mondo per giovani". Per un reale cambiamento non basteranno una somma di decreti, occorre un cambio di approccio. Occorre una politica strategica e operativa insieme. Adesso, in questo 2014 in cui il nostro paese si deve attrezzare per accogliere il mondo in casa con l'Expo e nel quale l'export dell'agroalimentare italiano è in continua crescita, occorre decidere se si fa un salto o si fa "manutenzione" dell'esistente. Bisogna decidere se le risorse europee (Pac) per la nuova fase 2014-2020 si utilizzeranno per garantire l'esistente o per far decollare sistemi imprenditoriali. Se gli Enti pubblici, compresi gli Enti di Ricerca si razionalizzano davvero oppure si continuano a mantenere dispersioni e autoreferenza. Se per il contrasto serio al falso Made in Italy si punta a un Unico Sistema di Controllo o se si continua a operare senza una strategia unica. Se si continua ad affrontare in modo settoriale i temi legati al suolo o in una visione coordinata che ne arresti spreco speculazione e ne indirizzi coerentemente l'uso. Se i produttori, proprietari della materia prima, si faranno finalmente protagonisti della commercializzazione dei loro prodotti o rimarranno "mezzadri del nuovo secolo" dei grandi soggetti commerciali. L'insieme di questi temi deve farsi strategia, cultura diffusa. Una politica, appunto.
Leana Pignedoli
Senatrice Pd e vicepresidente
della Commissione Agricoltura al Senato
La casa soffre sotto il peso del fisco
L'incredibile aumento dell'imposizione fiscale sulle transazioni immobiliari ha bloccato il settore e, non bastasse, il colpo di grazia è arrivato dal Prof. Monti che a crisi già in atto ha pensato bene di aumentare in modo aberrante l'imposizione fiscale immobiliare con Imu, Tasi, Tares e quant'altro. Il risultato è stato letteralmente devastante: la maggior parte dei soggetti oggi coinvolti in procedure concorsuali è rappresentato da chi operava nel settore edile o anche solo nel collegato. L'italiano medio, sino a qualche anno fa, considerava il mattone quale bene rifugio per definizione, oggi la stessa persona è in crisi di rigetto verso l'acquisto immobiliare a fronte della certezza di un livello di spesa fiscale insostenibile. Oggi chi si trova ad avere immobili (magari per successione) è spesso sconvolto dagli insostenibili oneri fiscali ad essi afferenti, impossibilità sostanziale di vendita, in presenza di valori in crollo, se non a prezzi inesistenti e costi per spese condominiali insostenibili, oltretutto con grosse difficoltà anche di affitto visto che la crisi economica rende spesso insolvente il più onesto dei conduttori. Ciò non bastasse si aggiunga l'atteggiamento del sistema fiscale di questi ultimi anni che mette sotto lente di ingrandimento con modi e metodi degni del tribunale dell'inquisizione di manzoniana memoria qualunque soggetto che acquisti un immobile. Risultato di tutto ciò: crollo del settore, crollo delle entrate fiscali per transazioni immobiliari e crollo dell'occupazione nel settore, con buona pace dei proclami politici di uscita dalla crisi economica.
Negli ultimi anni, sotto il vessillo della lotta all'evasione, sono comparsi (iva intracee, transfer price, accertamenti analitico-induttivi) atteggiamenti vessatori e inquisitori che poco si conciliano con la crisi economica in corso, ma soprattutto che vanno a colpire situazioni dove l'errore anche palesemente non voluto, ma giustificato da una legislazione fiscale allucinante, vede spostarsi l'indagine anche verso operatori fiscalmente corretti con pretese sostanzialmente assurde e giustificate solo dalla logica dell'agenzia di ricerca di gettito a tutti i costi.
Partiti: possibile che nessuno si sia accorto che gli italiani indirizzano il loro voto verso chi rappresenta la protesta e non chi, spudoratamente mentendo, pare sostenere logiche politiche credibili? Tali sono i voti per la lega prima e Grillo poi. Gli italiani (almeno quelli che lavorano) sono stanchi di vedere privilegi economici incredibili riconosciuti a nullafacenti del settore pubblico (con tutto il rispetto per chi nel pubblico fa il proprio lavoro).
Paolo Maria Bianconi
Lecco

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